Fondazione Marisa Bellisario

UN’ONDA IMPETUOSA DI RICCHEZZA

di Pietro Sebastiani*

Susanna Agnelli scosse il capo, palesemente innervosita. Era il mio primo viaggio con lei, prima donna alla guida della Farnesina, e il complesso puzzle che orgogliosamente avevo messo su per la missione a Tirana e a Ankara si sbriciolò di colpo.

“Consigliere Sebastiani, lavoreremo assieme per un po’, non si dimentichi mai che sono una donna. Non posso scendere da un aereo appena tocca terra; e poi ho bisogno di tempo, del bagno, tra un appuntamento e l’altro!”. È vero, come non averci pensato. Eravamo abituati a confezionare programmi iper-compatti spinti anche dall’ horror vacui, nostro e dei colleghi all’estero, per quei pericolosi spazi vuoti spesso forieri, nell’esperienza, di grattacapi.

Si squarciò allora per me un velo sul rapporto donne e lavoro. Poi vivere a fianco per più di quarant’anni di una spumeggiante “Mela d’Oro” (Maria Cristina Finucci, 2014) ha fatto il resto.

Nel celebrare il 35° anniversario del Premio Bellisario, felicissima intuizione di Lella Golfo, ho voluto qui ricordare Susanna Agnelli, imprenditrice, parlamentare, scrittrice, perché ha incarnato i valori ed è stata convinta sostenitrice della Fondazione sin dall’inizio (nel 1989 fu nel Comitato d’Onore della prima edizione del Premio).

Così come vorrei in questo contesto rievocare la figura, a 15 anni dalla sua morte il 4 marzo, di Tina Lagostena Bassi, penalista allieva di Vassalli, accademica ed anche lei parlamentare (co-autrice della prima legge in Italia sulla violenza sessuale nel ‘96; nel ’95 Presidente della Commissione Pari Opportunità e Capo delegazione italiana alla Conferenza Mondiale ONU sui diritti delle donne).

Avendo citato straordinarie donne parlamentari, fa amaramente sorridere la notizia del 3 marzo della UIP(Organizzazione di 178 Parlamenti, nata nel 1889 e del cui Presidente sono stato dal 2005 al 2008 Consigliere Diplomatico) che solo adesso, per la prima volta nella storia, non vi sia più nel mondo un Parlamento di soli uomini. E che solo sei (!) Assemblee (Nuova Zelanda, Cuba, Messico, Rwanda, Nicaragua, Emirati) abbiano raggiunto la parità di genere; questo mentre la media europea di presenza femminile ristagna al 31%. Si può discutere sul tema delle quote di genere nelle Assemblee Legislative, ma è nei numeri che quelle che le hanno adottate, abbiano significativamente accresciuto la presenza femminile rispetto alle altre (nel 2022, il 30,9% contro il 21,2%).

D’altronde mutatis mutandis il successo nel suo complesso della legge Golfo Mosca è evidente. Molto, moltissimo resta da fare. A cominciare dalle inaccettabili disuguaglianze salariali, per mansioni identiche, tra generi.

Ma soprattutto dobbiamo affrontare nei prossimi anni e decenni due grandi questioni sopra le altre: quella ambientale integrale e quella correlata delle disuguaglianze sociali. Due temi esplosivi sui quali la peculiare sensibilità, capacità e comprensione femminili saranno decisive: potremmo dire con Gandhi  we want the tiger’s nature but not the tiger” perché torni, stavolta con Kennedy, “un’onda” impetuosa di ricchezza che possa “sollevare tutte le barche”.

*Ambasciatore

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