Fondazione Marisa Bellisario

STRATEGIE DI NATALITA’

di Marina Migliorato* e Patrizia Rutigliano**

L’evoluzione demografica è da sempre considerata uno dei temi chiave per comprendere il futuro di una nazione. Raramente però tali studi hanno preso in seria considerazione il nesso fondamentale tra occupazione femminile, servizi alla famiglia e natalità.

Eppure l’Italia nel 2025 entrerà nel club dei Paesi “ultra-vecchi” con almeno un quarto della popolazione over-65 anni, condividendo la membership per ora solo con il Giappone. Ragion per cui, secondo le Nazioni Unite, il numero di persone in età lavorativa in Italia dovrebbe diminuire di 10 milioni entro il 2050. Peraltro, allungandosi l’età lavorativa si potrebbe ritardare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.

Secondo l’ultimo rapporto ISTAT, al 1° gennaio 2022 con una popolazione stimata di 58.850.717 abitanti, l’Italia è il terzo paese dell’Ue per popolazione (dopo Germania e Francia) e il 25º al mondo (era il 10° fino al 1950). E le previsioni delineano una popolazione italiana in decrescita: da 59 a 58,1 milioni al 2030, a 54,4 mln al 2050 fino a 45,8 mln nel2080. Se questa tendenza non si invertirà, tra il 2050 e il 2080 perderemo 13,2 milioni di cittadini rispetto a oggi.

In crescita le famiglie, ma con un numero di componenti sempre più piccolo. Meno coppie con figli, più coppie senza: entro il 2042 solo una famiglia su quattro sarà composta da una coppia con figli, più di una su cinque non ne avrà.

L’urgenza chiaramente è quella di agire sulla famiglia. Nella legge di bilancio 2024 al vaglio delle Camere, mirando ad alleviare i costi legati alle spese per crescere figli, facilitando la conciliazione tra famiglia e lavoro e aumentando gli incentivi a lavorare per le (pluri-) madri, il governo intende promuovere la natalità e la partecipazione femminile al mercato del lavoro.

Oggi in Italia le laureate raggiungono un tasso di occupazione di oltre due volte e mezzo superiore a quello delle donne che hanno un basso titolo di studio (74,4% contro il 30,4%) e di 22 volte superiore a quello delle diplomate (57,2%). E nel secondo trimestre 2023 il tasso di occupazione delle 25/49enni è risultato pari all’81,3% se la donna vive da sola, sceso al 76,2% se vive in coppia senza figli e al 60,2% se ha figli. E anche il divario a sfavore delle madri si è ridotto sensibilmente all’aumentare del titolo di studio: tra le laureate il tasso di occupazione è superiore al 70% indipendentemente dalla condizione di single o di componente di una famiglia. Ma rimane il fatto che nel nostro Paese il tasso di occupazione delle donne che possono scegliere la maternità subisce un’oscillazione insostenibile: da un minimo di 22,9% tra le madri del Mezzogiorno d’Italia con basso titolo di studio a un massimo del 97% tra le donne laureate che vivono da sole al Centro Italia.

Per questo, gli interventi principali nella legge di bilancio sottoposta al Parlamento riguardano un aumento del bonus per l’asilo nido per le famiglie con Isee inferiore ai 40mila euro, con il dichiarato obiettivo di coprire quasi totalmente le spese per il nido per i figli successivi al primo, e una riduzione dei contributi previdenziali per le lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (senza tetto al reddito, ma nel limite massimo annuo di 3mila euro). In via sperimentale, a partire dal 2024, la decontribuzione è estesa anche alle lavoratrici madri di due figli.

Le scelte si muovono lungo un asse già sperimentato da molti Paesi europei, dove sono state introdotte politiche pubbliche che permettono alle donne di combinare lavoro e maternità anche con l’obiettivo di invertire la bassa fecondità. Con una maggiore attenzione ai servizi educativi e ai loro costi, la legge di bilancio continua la strada intrapresa dalla precedente legislatura verso un welfare dedicato alle famiglie con figli più universale e attento a offrire un pacchetto di sostegni più integrato tra servizi educativi all’infanzia (le risorse che il Pnrr riserva ai nidi) e trasferimenti monetari (Assegno unico per le famiglie). Ma anche potenziare i servizi sociali e educativi che sono precondizione perché l’occupazione femminile cresca, come dimostrano le esperienze europee. Ad esempio, investire in sanità e nei servizi di asili nido, di assistenza domiciliare e di istruzione: peraltro in questi settori la maggioranza dei nuovi ingressi nel mondo del lavoro potrebbe essere femminile. Sempre che si riconosca e si supporti adeguatamente il ruolo fondamentale del livello di istruzione e della formazione continua per l’accesso delle donne al mercato del lavoro e la lotta al precariato femminile

Una vasta letteratura documenta l’importanza di una solida prospettiva economica e lavorativa per incoraggiare la natalità, ma la vera opportunità di questa manovra potrebbe essere la decontribuzione per le lavoratrici madri, sia pur rivolta a coloro che sono assunte a tempo indeterminato. Certo difficile agire in questo scenario di complessa congiuntura economica. Incentivare il lavoro delle madri è importante, per la parità di genere e per il benessere economico delle famiglie e del Paese, ma per ottenere risultati significativi in termini di natalità e per invertire lo scenario futuro di un Italia senza giovani sono necessarie riforme strutturali e politiche di medio-lungo termine a supporto delle donne e dei servizi alla famiglia. Ma anche alleanze pubblico-private come il “Patto per le imprese responsabili” promosso in questi giorni dalla Ministra Roccella e già sottoscritto da più di 50 imprese.

*Consigliere di Amministrazione Illy

** Consigliere di Amministrazione Poste Italiane

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11 commenti su “STRATEGIE DI NATALITA’”

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