Fondazione Marisa Bellisario

STOP AI FONDI PER L’UNRWA, LE OMBRE SUL 7 OTTOBRE SCUOTONO L’AGENZIA ONU

di Paola La Salvia*

La Cooperazione Internazionale comprende le attività poste in essere da attori internazionali e dirette al sostegno della popolazione in aree che versano in difficoltà per assicurarne lo sviluppo economico, sociale e culturale. Tra queste attività vengono spesso ricomprese le iniziative riconducibili al concetto di “aiuto umanitario”, ovvero nei casi in cui viene fornita assistenza, protezione e soccorso alle popolazioni in Paesi in via di sviluppo o vittime di catastrofi.

In Italia la Cooperazione è parte integrante e qualificante della politica estera al punto che da pochi anni il nominativo che identificava la Farnesina (MAE) è stato integrato portandolo all’attuale Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI). Durante la mia esperienza di vita a Damasco (Siria), durata circa 4 anni, ho avuto la possibilità di collaborare con operatori che, anche nell’ambito dell’Ambasciata italiana, si occupavano di vari progetti umanitari a favore delle popolazioni siriane e libanesi. Al riguardo posso testimoniare quanto queste attività siano fondamentali nei territori deboli, ove le popolazioni sono prive o quanto meno deficitarie di taluni servizi essenziali.

Le indagini relative al vile attacco del 7 ottobre 2023 sul territorio israeliano a opera di Hamas hanno fatto tornare alla ribalta la tematica dei contrattisti assunti dalle Agenzie delle Nazioni Unite. Infatti, se da un lato ha sicuramente senso assumere personale locale, sia per distribuire salari e risorse a famiglie del posto sia per avvalersi di personale già integrato nelle aree in cui si opera, dall’altro si creano immancabili critiche da parte di diversi Attori che considerano tale personale troppo vicino ai Regimi piuttosto che collusi con gruppi criminali o terroristici. L’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), conta circa 6400 impiegati per progetti a beneficio di circa sessanta milioni di profughi sparsi in aree del mondo in difficoltà, mentre l’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente, dà lavoro a oltre 28mila persone per occuparsi di cinque milioni di palestinesi che vivono in Giordania, Libano,  Cisgiordania  e Striscia di Gaza. Si tratta in gran parte di insegnanti, medici e lavoratori sociali, al 95% assunti tra le persone del luogo. Il 70% di loro lavora nel campo dell’educazione, il principale ‘core business’ dell’Agenzia che gestisce programmi pedagogici per 800 scuole elementari e decine di istituti superiori per un totale di 500mila studenti. Il suo budget annuale gravita intorno al miliardo di dollari provenienti in gran parte dagli Stati Uniti, da Arabia Saudita, Iran e Kuwait e dai principali Paesi europei più altri donatori non governativi e molto eterogenei come Bank of Palestine, Fondation Real Madrid, Islamic relief Canda e il gruppo giapponeseUniqlo.

Nella sua lunga storia l’UNRWA si è ovviamente occupata di venire incontro ai bisogni materiali dei palestinesi offrendo servizi gratuiti e un’assistenza a tratti essenziale. Ma è stata spesso oggetto di critiche feroci, accusata da Israele di connivenza se non proprio di venire controllata dalle milizie islamiste di Hamas, a cui sarebbero dirottati parte di finanziamenti, e di svolgere attività contro lo Stato ebraico. Ma non sono arrivati solo attacchi politici e di parte, infatti nel 2022 l’Ong “Un Watch”, che da trent’anni controlla che le Nazioni Unite rispettino la loro Carta Fondamentale, ha pubblicato un rapporto che documenta come nelle scuole di Gaza e della Cisgiordania gli insegnanti dell’UNRWA incitino i giovani palestinesi all’odio nei confronti di Israele diffondendo contenuti antisemiti e a volte esplicitamente «neonazisti». Vengono citati testimoni diretti ma anche gli stessi programmi scolastici e libri di testo fondati sull’insegnamento della legge coranica e sul rifiuto dei diritti umani e in cui gli ebrei sono indicati come «assassini», i terroristi di Hamas «martiri» e, manco a dirlo, la Shoah come mai realmente esistita.

Considerando quanto finora detto, se da un lato appaiono fondate le iniziative di diversi Paesi, tra cui l’Italia, di sospendere i finanziamenti a favore dell’UNRWA, a seguito di evidenze secondo cui alcuni suoi contractors avrebbero preso parte all’attentato del 7 ottobre mentre altri avrebbero avuto comunque ruoli di facilitatori, dall’altro non si può trascurare il fatto che l’Agenzia delle Nazioni Unite svolge attività umanitarie necessarie per la sopravvivenza di molte persone, la maggior parte delle quali vittime e non responsabili di crimini.

Probabilmente implementando immediatamente alcuni correttivi si potrebbe garantire la corretta funzione sociale dell’UNHCR e dell’UNRWA. Ad esempio, impiegare personale “estraneo” (sia per nazionalità che per ideologia) ai conflitti che affliggono i singoli teatri in cui si opera. Ritengo che sia impensabile   privare o anche solo ridurre la cooperazione a delle fette rilevanti di popolazioni che vivono in condizioni di estremo disagio. Anche perché queste iniziative porterebbero a un risultato opposto, ossia costituire un volano per far crescere il risentimento e spingerli tra le braccia dell’estremismo.

*Tenente Colonnello della Guardia di Finanza

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2 commenti su “STOP AI FONDI PER L’UNRWA, LE OMBRE SUL 7 OTTOBRE SCUOTONO L’AGENZIA ONU”

  1. Tutto molto chiaro. Pienamente condivisibile e mi congratulo per l’esperienza siriana vissuta. Aver fatto in prima persona da la possibilità di raccontare con maggior competenza. Complimenti

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