Fondazione Marisa Bellisario

SCUOLE APERTE TUTTO L’ANNO, O QUASI!

Scuole aperte tutto l’anno, o quasi, e orari lunghi. È un mio mantra da decenni perché da decenni vedo donne, amiche, collaboratrici che si affannano a riempire i buchi di una scuola che non sta al passo con il lavoro. Una scuola che spesso obbliga le donne a fare un passo indietro nel loro lavoro, spesso a rinunciare non a una carriera ma a un’occupazione tout court perché lavorare non “conviene”.

Le scuole hanno reso noti i loro calendari per il prossimo anno. A parte il Lazio dove si ricomincerà venerdì 15 settembre (di venerdì!!!), la maggior parte delle Regioni apriranno i battenti alcune il 12, altre il 14 per concludersi tutte l’8 giugno (il 29, le scuole dell’infanzia). Senza contare le lunghe pause natalizie e pasquali, quest’anno solo d’estate le scuole rimarranno chiuse per 98 giorni! Sono 14 settimane da riempire, per i genitori che lavorano, tra costosi centri estivi, nonni, zii, parenti alla lontana. Quando ci sono. Un tema di tempi ma anche e soprattutto di costi, con l’inflazione al 6.7% e gli stipendi tra i più bassi d’Europa. Dove siamo stavolta al primo posto: le settimane di pausa estiva dei bambini (e genitori) tedeschi e inglesi sono appena 6, 9 per i francesi e austriaci, sul podio siamo da soli, anche in Turchia, Lituania e Lettonia le scuole chiudono meno.

 

In un’intervista di qualche giorno fa, il ministro Valditara concordava sulla necessità di «tenere le scuole aperte anche d’estate» peccato che la ricetta non contempli un’estensione del calendario scolastico. Quello sembra intoccabile. Nel mondo, in Europa, in Italia negli ultimi decenni è cambiato tutto. Complice anche la pandemia, si parla finalmente di lavoro davvero flessibile, si riduce la settimana, si estende lo smart working, si discute su quanto sia più produttivo un lavoratore che può disporre del proprio tempo. Cambia l’organizzazione del lavoro, cambiano le professionalità richieste, cambiano i percorsi di studio, è tutta una rincorsa alla modernità, a un futuro in cui le tecnologie la faranno da padrone, in cui l’intelligenza Artificiale è già qui, tra di noi. Anche nelle scuole, guardando alle aule progettate da Stefano Boeri Interiors, in vista del Piano Scuola 4.0 e leggendo di come le classi diventeranno ambienti flessibili e multifunzionali. Tutto cambia, tutto si evolve in un immenso e spesso destabilizzante flusso continuo di novità e modernità ma un punto fermo, inamovibile, quasi a nutrire la nostra necessità di stabilità rimane: il calendario e gli orari scolastici. Poco importa se assolutamente, totalmente fuori tempo, il nostro tempo.

Il ministro dell’Istruzione si dice consapevole di dover dare risposte in due direzioni: il contrasto alla denatalità e il tasso incredibilmente basso dell’occupazione femminile rispetto al resto d’Europa. E per questo s

ono stati stanziati 100 milioni di euro nel biennio, a cui ne sono stati aggiunti altri in modo da consentire l’apertura estiva di 2800 scuole e progetti in altri 768 istituti. A sentire lui, sono coinvolti circa 60mila studenti e l’intenzione è di far sempre di più.

Ora il punto è che quel di più non è abbastanza. Perché il punto non è inventarsi corsi di ogni genere per “intrattenere” i poveri figli di madri e padri non possono permettersi 14 settimane di ferie e magari hanno nonni anziani e ai centri estivi comunali non riescono ad accedere e quelli privati non li possono pagare. Il punto non è creare un “ghetto” per i bimbi e ragazzini senza nonni e senza case al mare con tate h24, un parcheggio per i meno abbienti. Il punto è parametrare i calendari e gli orari scolastici al mondo del lavoro. Tanto semplice da sembrare stupido.

Ma soprattutto il punto è capire che natalità e d

 

isoccupazione femminile passano da qui: dalla costruzione di un welfare a misura di famiglie e soprattutto di donne. Perché è inutile gridare all’inverno demografico se non si parte da qui. Inutili assegni unici e bonus alla nascita. Oggi le donne sono messe di fronte a un dilemma terribile: sanno che se metteranno al mondo un figlio prima o poi dovranno nella migliore delle ipotesi accantonare qualsiasi ambizione di carriera, nella peggiore restare a casa ad accudirlo. Secondo il Bilancio di genere 2022 del Mef il rapporto tra il tasso di occupazione delle lavoratrici madri con figli under 6e quello delle lavoratrici senza figli è pari al 73%: significa che su 100 donne senza figli occupate, ci sono solo 73 madri che lavorano. Per una donna su cinque diventare mamma significa dire addio al mondo del lavoro, sempre più spesso in modo irreversibile. L’Inapp invece registra che la quota di donne con almeno un figlio che non ha mai lavorato per prendersene cura è pari all’11%, rispetto a una media europea del 3,7%. L’Ispettorato del lavoro nell’ultimo rapporto, registra 37.662 cessazioni dal lavoro da parte di donne con figli (il 71,8% del totale) contro 4774 da parte di padri (28,2%).

Credo che la misura sia colma e non per le donne ma per il Paese.

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1 commento su “SCUOLE APERTE TUTTO L’ANNO, O QUASI!”

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