di Maria Laura Garofalo*
La salute è senz’altro il bene più prezioso che l’uomo possa avere. Nel nostro Paese un diritto costituzionalmente garantito attraverso un sistema sanitario universalistico; eppure la sanità è un’area ancora a molti sconosciuta e molto spesso anche a chi ci governa! Ne abbiamo avuto prova durante questa crisi pandemica.
É facile dire che il Covid ci ha colto di sorpresa; in realtà il nostro sistema sanitario, seppur ancora considerato uno dei migliori al mondo, iniziava a mostrare, già in precedenza, significative falle.
Innanzitutto i tagli di letti e spesa sanitaria operati negli ultimi 15 anni, in maniera lineare ed inconsapevole, hanno reso inadeguata l’offerta assistenziale rispetto ai reali bisogni di salute dei cittadini italiani già prima della pandemia; inevitabile pertanto il consequenziale collasso del sistema a seguito della diffusione del Covid.
Altro elemento che ha contribuito a mettere in crisi il sistema nella fase emergenziale è connesso al ruolo dei medici di base che, oltre a consigliare l’assistito in termini di appropriati stili di vita, sono altresì i soggetti prescrittori deputati a garantire l’accesso alle prestazioni di diagnostica e se necessario alla successiva terapia. Senza la loro prescrizione non è possibile accedere ai servizi sanitari se non privatamente ovvero a proprie spese. È evidente che in quest’accezione, in una situazione di sovraffollamento delle richieste, i medici di medicina generale hanno rappresentato un collo di bottiglia non indifferente che ha fatto implodere il sistema; peraltro, rimasti privi di appropriati ausili e non adeguatamente supportati nell’esercizio della loro professione.
Nonostante tutto, il sistema si è in parte ripreso, grazie a una positiva integrazione della sanità pubblica con quella privata accreditata che, al di là di qualunque condizionamento puramente ideologico, ha dato un contributo determinante al contenimento della pandemia.
Ecco dunque cosa ci ha insegnato il Covid: occorre investire maggiormente sulla sanità e prevedere un numero di letti per specialità realmente rispondente ai bisogni assistenziali dei territori.
Bisogna inoltre ripensare al ruolo del medico di base, rendendo più fluido il sistema di accesso alle cure per bloccare il continuo incremento dei malati cronici che oltre ad aggravare la spesa sanitaria pesano sul sistema Paese in termini di limitata produttività e mancata contribuzione.
Infine, occorre spingersi verso una maggiore integrazione tra santità pubblica e sanità privata accreditata anche passando attraverso una sburocratizzazione delle procedure. Nell’attuale contesto emergenziale si è visto infatti che, venendo meno le sovrastrutture burocratiche, è stato possibile trasformare, nell’arco di una settimana, intere strutture sanitarie in Centri Covid o in altre forme assistenziali necessarie al sistema. D’altra parte la salute è un bene di prima necessità e non può attendere i tempi dettati da un eccesso di burocrazia.
*Amministratore Delegato GHC – Garofalo Health Care
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