Fondazione Marisa Bellisario

MEDICINA DI GENERE: QUANDO L’EFFETTIVITÀ DEL DIRITTO?

di Monica Pereno*

In Italia, alcune nodali scelte di politica sanitaria hanno avuto in una ministra la loro forza propulsiva.

È di Tina Anselmi la firma nel 1978 della legge istitutiva del SSN: un sistema pubblico basato su principi di universalità, uguaglianza ed equità tra i cittadini. 40 anni dopo, all’esito di un lungo lavoro che ha visto in prima fila, tra molte donne di valore, la Ministra Turco, l’equità in materia sanitaria si è tradotta in equità di genere con la Legge 3/2018 firmata dalla Ministra Lorenzin.
Silvia De Francia, farmacologa ricercatrice dell’Università di Torino, autrice del volume “La medicina delle differenze”, spiega ‒ con linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori‒ che con la Legge 3 il parametro “genere” è stato introdotto per la prima volta nella sperimentazione clinica dei farmaci e nella definizione di percorsi diagnostico terapeutici e formativi per studenti e professionisti della salute. Last but not least, la Legge focalizza la necessità della divulgazione della medicina di genere con la comunicazione e l’informazione.
Vogliamo quindi, anche sulle nostre pagine, sensibilizzare il più possibile le donne affinché siano consapevoli delle profonde diversità che presentano, a seconda del genere, sia molte patologie (ossee, neurologiche, respiratorie, oncologiche, metaboliche…) sia molte terapie farmacologiche, e del diritto a pretendere una diagnosi e una cura personalizzata di genere. A tale diritto corrisponde il dovere ‒ da parte di istituzioni, centrali e regionali, università, istituti di ricerca e professionisti della salute ‒ di attrezzarsi adeguatamente per fornire una risposta efficace.
Sempre la professoressa De Francia, con cui ho potuto dialogare, assicura che il percorso è stato avviato: nel giugno 2019 è stato approvato il Piano per l’applicazione della medicina di genere nel SSN, nella primavera del 2021 si è insediato apposito Osservatorio Nazionale presso l’ISS; le Regioni, a loro volta, hanno costituito tavoli di lavoro.
Insomma, un ampio apparato burocratico. Pare però che le nostre istituzioni presentino ancora gravi sintomi di “cecità di genere”, come la De Francia la definisce.
A titolo di esempio, è del giugno 2021 il decreto con cui il Ministero della Salute, su proposta della Commissione di Vigilanza antidoping, ha vietato la prescrizione medica (e la preparazione a uso sistemico) del deidroepiandrosterone o DHEA. Si è così trascurato che il DHEA è da anni oggetto di studi di ricerca che ne confermano la natura di trattamento essenziale per donne ‒ e uomini ‒ con deficit ipofisario, surrenalico o gonadico, oltre che fonte di benessere per le donne in menopausa. A nulla è valso, a quanto è dato sapere, l’appello scritto al Ministro Speranza da ginecologi ed endocrinologi delle federazioni scientifiche nazionali per richiedere una specifica deroga al decreto.
In altri termini, non abbassiamo l’attenzione su questi temi: la strada verso l’effettività del diritto alla medicina di genere, per garantire alle donne una vita sana, è ancora lunga.

*Avvocato del Foro di Torino

6 commenti su “MEDICINA DI GENERE: QUANDO L’EFFETTIVITÀ DEL DIRITTO?”

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