di Paola Profeta*
Nessun Paese al mondo ha raggiunto la parità di genere. Alcuni paesi, come la Svezia, l’Islanda o la Finlandia hanno chiuso più dell’80% dei divari di genere. Altri restano più lontani dalla parità. Secondo il World Economic Forum (2021) nel mondo si è chiuso il 96% del divario di genere in salute, il 95% del divario in istruzione, solo il 58% del divario economico e solo il 22% del divario in politica. L’Italia si posiziona al 63esimo posto su 156 paesi e solo al 114esimo posto per dimensione economica. In Europa siamo tra gli ultimi, seguiti solo da Cipro, Malta e Grecia.
La parità di genere, riconosciuta come obiettivo numero 5 dell’Agenda di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, è motore di crescita economica. Quali sono i benefici economici della parità di genere?
In primo luogo, le donne sono ormai più istruite degli uomini nei paesi sviluppati. In Italia, per la popolazione tra i 25 e i 34 anni, il 22.9% degli uomini è laureato e il 30% delle donne. Si tratta di valori molto bassi, che ci collocano al penultimo posto in Europa, seguiti solo dalla Romania. Un dato su cui riflettere, visto che l’istruzione è uno dei principali fattori di crescita economica. Anche per le donne, l’istruzione si associa a maggiori possibilità di occupazione e quindi di reddito.
Anche se le donne sono più istruite degli uomini, i dati dell’occupazione mostrano una realtà molto diversa. Il tasso di occupazione femminile è fermo a valori intorno al 50% ormai da decenni. Una donna su due lavora nel nostro Paese, una su tre al Sud, penultimo valore in Europa seguito solo dalla Grecia. Perché aumentare l’occupazione femminile si associa a maggiore crescita economica? La correlazione positiva tra occupazione femminile e livello del PIL è ormai stata stimata da numerose organizzazioni internazionali: più donne al lavoro significa maggiore produzione e creazione di valore aggiunto che si converte in PIL. Se si tratta di donne istruite almeno quanto gli uomini, come abbiamo visto, questo implica un livello di valore aggiunto ancora superiore. Non si tratta solo di livello di PIL, ma anche di crescita perché il lavoro femminile innesca una spinta ulteriore di domanda di lavoro e un circolo virtuoso di opportunità.
La figura 1 riporta la stima dell’Istituto Europeo per la Parità di Genere (EIGE) sulla crescita del PIL in Europa per il 2050 in due scenari: quello a modesto progresso di parità di genere (in verde) e quello a elevato progresso (in rosso). Il grafico mostra che entro il 2050 promuovere la parità di genere in uno scenario di progresso rapido rispetto a quello lento potrebbe aumentare il PIL pro-capite in Europa dal 6.1 al 9.6%. Si tratta di un ammontare tra i 1.95 e i 3.15 milioni di milioni di euro!
La figura 2 riporta le stime di EIGE sull’impatto della parità di genere sul PIL nei paesi europei per il 2030. Nei paesi che hanno una situazione di partenza della parità di genere più arretrata, come l’Italia, il potenziale impatto sul PIL è maggiore. I guadagni di PIL potrebbero arrivare nel 2050 a circa il 12%.
Non si tratta solo di guadagni di PIL. L’occupazione femminile si associa anche a maggior tasso di fecondità, che a sua volta può determinare un aumento di PIL. Occupazione femminile significa anche riduzione delle povertà e dei rischi di crisi economiche.
Passando dall’occupazione femminile alla leadership bilanciata per genere si generano ulteriori benefici economici. In primo luogo, la selezione è migliore se donne e uomini partecipano alle posizioni decisionali e non solo gli uomini, poiché si amplia la platea dei talenti, aumentando la qualità e creando incentivi per altre donne. In secondo luogo, numerose ricerche mostrano la correlazione positiva tra presenza delle donne in posizioni decisionali e performance delle imprese e delle organizzazioni. La presenza delle donne in posizioni decisionali può anche cambiare l’agenda decisionale stessa, inserendo misure e azioni che a loro volta favoriscono la parità di genere. Infine, lo stile di leadership si arricchisce, poiché, per esempio, le donne hanno un orizzonte temporale più lungo e prendono decisioni innovative orientate al futuro.
Questi benefici derivanti dall’occupazione e dalla leadership femminile dovrebbero essere al centro dell’agenda decisionale del nostro Paese.
* Professore Ordinario di Scienza delle Finanze dell’Università Bocconi
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