Fondazione Marisa Bellisario

PRESENZA FEMMINILE E GENDER PAY GAP NELLE QUOTATE ITALIANE

di Roberta Pierantoni*

Il Comitato per la Corporate Governance – costituito dalle Associazioni di impresa (ABI, ANIA, Assonime, Confindustria) e degli investitori professionali (Assogestioni) e da Borsa Italiana con lo scopo di promuovere il buon governo societario delle società italiane quotate – ha pubblicato, lo scorso dicembre 2023, la sua dodicesima relazione annuale contenente l’XI Rapporto sull’applicazione del Codice di Corporate Governance, cioè il codice di autodisciplina adottato dal Comitato (la sua prima edizione risale al 1999) al quale oggi aderiscono, in via volontaria, circa il 95% delle società italiane con azioni quotate sul mercato principale gestito da Borsa Italiana (Euronext Milan).

Come ogni anno, il Rapporto rappresenta gli esiti dell’attività di monitoraggio condotta dal Comitato sull’applicazione delle principali raccomandazioni dettate dal Codice, da parte delle società italiane quotate che dichiarano di aderirvi (circa 203). Il monitoraggio si basa, in particolare, sui dati raccolti e analizzati da Assonime-Emittenti Titoli nonché dagli altri studi condotti da FIN-GOV (il centro di ricerche finanziarie sulla corporate governance dell’Università Cattolica) e da The European House Ambrosetti, tratti da alcuni dei principali documenti societari che le società quotate sono tenute per legge a mettere a disposizione del pubblico (Relazioni sulla Corporate Governance, Relazioni sulla remunerazione e Dichiarazioni Non Finanziarie riferite all’esercizio 2022 e pubblicate nel corso del 2023).

In materia di parità di genere, nel corso degli anni le raccomandazioni del Codice sono state integrate e modificate – prima nel 2018 e da ultimo nella nuova versione del 2020 – al fine di recepire e salvaguardare gli effetti prodotti in Italia dalla Legge 12 luglio 2011, n. 120 (cosiddetta Legge Golfo-Mosca) e dal D.P.R. 30 novembre 2012, n. 251, nonché dagli ulteriori successivi aggiornamenti legislativi nazionale promulgati in materia che hanno affrontato e inciso sulla questione della sottorappresentazione delle donne negli organi sociali, dando attuazione a un principio di uguaglianza sostanziale tra i generi. In tale ottica il Codice di Corporate Governance raccomanda alle società quotate non solo di definire i criteri di diversità per la composizione degli organi di amministrazione e di controllo e gli strumenti per una loro efficace attuazione, ma anche di adottare misure atte a promuovere la parità di trattamento e di opportunità tra i generi all’interno dell’intera organizzazione aziendale, mediante monitoraggio della concreta attuazione (Raccomandazione 8).

Nel contesto normativo europeo, la centralità del tema della parità di genere all’interno dell’organizzazione aziendale è oggetto, tra le altre: (i) della Direttiva UE/2014/95 (Non Financial Reporting Directive – NFRD), recepita in Italia con il decreto legislativo n. 254/2016 che ha introdotto per alcuni enti, tra cui le società quotate di grandi dimensioni, l’obbligo di redigere la Dichiarazione Non Finanziaria (c.d. DNF) sulla sostenibilità ambientale, sociale e di governance, prevedendo per il profilo sociale, la comunicazione di tutte le informazioni sulla gestione del personale, incluse le azioni poste in essere per garantire la parità di genere; e (ii) della Direttiva (UE) 2022/2464 (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD) riguardante la rendicontazione societaria di sostenibilità e applicabile a partire dal 1°gennaio 2024, che modifica l’ambito di applicazione e gli attuali requisiti contemplati dalla NFRD.

Al riguardo, il Rapporto evidenzia come, dall’analisi condotta da FIN-GOV sulle DNF delle società quotate che aderiscono al Codice, emerga che: (i) le dipendenti donne sono circa il 40% del totale (in particolare, il 47% nel settore finanziario mentre il 30% nelle società pubbliche); (ii) la presenza femminile si dimezza (18%) a livello dirigenziale, dove 6 società sono prive di dirigenti donne, nessuna (era una l’anno scorso) ha solo dirigenti donne. Le società con maggioranza di dirigenti donne sono solo 2 (erano 6 lo scorso anno).

In tema di gender pay gap, l’analisi condotta da FIN-GOV rileva che: (i) la disclosure nelle DNF delle differenze di remunerazione tra uomini e donne è limitata (circa il 60% delle società fornisce informazioni sulle remunerazioni dei dipendenti distinte secondo il genere ma solo il 31% rende noto il gender pay gap tra uomini e donne); (ii) a livello di dirigenti, il 57% degli emittenti fornisce informazioni disaggregate secondo il genere ma solo il 35% comunica effettivamente il pay gap (o lo rende comunque ricostruibile); (iii) il gap retributivo è significativo ed in crescita, seppur lieve: infatti, le donne percepiscono in media l’86% (89% nel 2021) della remunerazione dei colleghi uomini, a livello generale, e l’83% (86% nel 2021) tra i dirigenti.

Il Rapporto evidenzia inoltre che nello studio di TEH-Ambrosetti viene rilevato come negli ultimi 8 anni si sia invece assistito a un progressivo incremento del numero delle donne nei CdA (oggi pari ad oltre il 40%), anche grazie all’applicazione della Legge Golfo-Mosca e della Legge di Bilancio 2020.

Questi dati dimostrano chiaramente che la legge produce effetti più rapidi rispetto all’autodisciplina. Pertanto, se nell’interesse generale delle imprese italiane si intende perseguire con celerità l’obiettivo della Diversity & Inclusion all’interno delle organizzazioni aziendali, potrebbe risultare opportuno valutare un rafforzamento della raccomandazione dettata dal Codice sul tema con appropriate iniziative normative.

* Consigliere di Amministrazione e Lead Independent Director di Banca Mediolanum.

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