Fondazione Marisa Bellisario

PERCHÉ L’AI SARÀ INDISPENSABILE PER RENDERE I GIORNALISTI INSOSTITUIBILI

di Monica Mosca*

Quando ero ragazza e lavoravo come redattrice in un settimanale, una mattina arrivarono in ufficio i computer. Fino a quel giorno se ne sentiva parlare ma nessuno l’aveva, sulla mia scrivania tenevo la macchina per scrivere Olivetti Valentina di plastica rossa, che ho ovviamente conservato.

Quella mattina arrivò anche una insegnante di computer, che spiegò fin come accenderlo, e poi come usare il mouse, e poi ancora come scrivere e inviare gli articoli direttamente in tipografia. Molti colleghi erano entusiasti di fronte alla novità e si cimentarono con disponibilità a imparare. Io dissi solo: “Tanto non servirà, non lo uso”.

Due settimane dopo, trovai la mia Valentina in uno scatolone e un computer sulla scrivania. Ci avevano tutti collegati al server della casa editrice. Ero tagliata fuori. Il mio direttore mi aveva lasciato sbagliare apposta, perché ci sbattessi il naso: il computer era diventato indispensabile.

Ricordo questo episodio come fosse ieri. È per questo che, quando anni dopo sono diventata direttore io, ho sempre ossessionato la mia redazione con il Web e i social; li ho obbligati anche a girare reel in prima persona durante la pandemia, mettendoci la faccia; a inventare e caricare Stories… Le novità tecnologiche sono diventate la mia fissazione: almeno bisogna conoscerle, poi si può parlarne.

Con questo spirito ho accolto l’avvento dell’Intelligenza Artificiale. Cambierà radicalmente, anzi ha già cambiato, l’intero mondo dell’informazione. Il tuo articolo così ponderato e ben ricostruito su quel caso di cronaca, la tua recensione di un film o di un libro, o ancora la ricerca minuziosa che ti costa notti intere prima di redigere un articolo saranno roba da Neanderthal. Le tue fotografie esclusive faranno il paio con scatti generati a tavolino, e pazienza se non sono ancora perfetti, lo diventeranno. Sei serenamente rimpiazzato dai nuovi sistemi di AI, sia in termini di modelli di linguaggio che di algoritmi, che portano a termine, molto più rapidamente di te e in genere con una accettabile precisione, i tuoi stessi risultati.

Dunque, ecco la prima domanda: il lavoro dei giornalisti potrà essere automatizzato ed efficientato dall’intelligenza artificiale? In parte certamente sì.

Ed ecco la seconda domanda, la cui risposta è molto più interessante: i giornalisti rischieranno di perdere il lavoro e diventeranno figure di scarsa rilevanza sociale? Assolutamente no. Non sarà certo l’AI a rimpiazzare un giornalista, ma chi saprà sfruttare le sue infinite e sempre nuove possibilità.

Anche per quanto riguarda l’informazione migliore, che è garante imprescindibile della democrazia e della libertà, l’Intelligenza Artificiale rappresenta un’opportunità straordinaria, un contributo prezioso: il segreto è utilizzarla in modo ancillare, metterla al proprio servizio per risparmiare tempo. E averne di più da dedicare al pensiero e alla creatività.

Proprio sull’originalità e sulla veridicità dei contenuti giornalistici, contro il quale nessuno strumento conversazionale o di scrittura potrà mai competere, si gioca da parte degli editori una battaglia di vita o di morte. Due mesi fa, il “New York Times” ha denunciato, primo fra i grandi quotidiani, Open AI e Microsoft per avere arbitrariamente addestrato i propri modelli generativi con gli articoli dei suoi giornalisti. La pace è di là da venire.

E qui si arriva al vero loop: se gli editori cederanno a peso d’oro i propri servizi, questi finiranno a implementare il cervello dei chatbot e l’AI ne guadagnerà in affidabilità. Ma i giornali perderanno lettori, che si informeranno gratis.

Se gli editori invece non venderanno, gli articoli scritti dall’AI saranno meno corretti e più forieri di fake news, ma sempre gratuiti. Peggio di tutto, l’informazione in toto resterà in grande parte affidata a macchine che la proporranno di volta in volta “personalizzata” sui gusti del lettore.

E allora? Saranno il pensiero dei giornalisti e la loro creatività personale a trovare una quadra.

Il futuro dell’informazione non è in mano ai chatbot, e nemmeno ai grandi manager: la notizia di oggi è questa.

*Giornalista

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