a cura di Stefania Radoccia*
Gender equality, leadership femminile, investimento sulle competenze sono i valori su cui EY punta per costruire un modello di lavoro sempre più inclusivo, equo e socialmente sostenibile. Temi affrontati anche in una ricerca EY/SWG sulla parità di genere nelle aziende italiane.
Nell’attuale panorama delle istituzioni politiche e finanziarie europee ci sono casi in cui le donne occupano ruoli di comando. Basti pensare a Ursula von der Leyen, presidente della Commissione e a Christine Lagarde, presidente della BCE. Ma guardando in casa nostra la situazione è assai diversa. Se infatti è vero che l’entrata in vigore della Legge Golfo-Mosca del 2011 ha prodotto un incremento della presenza femminile negli organi di amministrazione delle società quotate (dal 7,4% del 2011 al 36,5% del 2019) e negli organi di controllo (dal 6,5% al 38,8%), solo l’1,7% delle donne ricopre il ruolo di AD nelle società quotate e solo lo 0,7% nelle banche. E negli ultimi due anni, complice la crisi economica legata alla pandemia, il divario di genere nel mondo del lavoro è cresciuto ulteriormente. Dalla recente indagine effettuata da EY con SWG emergono dati su cui riflettere. La ricerca evidenzia per esempio come l’obiettivo della parità di genere nei ruoli dirigenziali sia tutt’altro che semplice da raggiungere nel breve termine: per il 35% delle dirigenti intervistate ci vorranno più di 10 anni, mentre per il 16% sarà del tutto irraggiungibile. Come se non bastasse, la metà delle lavoratrici intervistate ritiene presente uno squilibrio nella possibilità di carriera e di compensi rispetto ai colleghi uomini.
Dati alla mano appare evidente che sia necessaria un’accelerazione nel processo di transizione culturale verso la gender equality, già avviato in alcuni Paesi, specie Norvegia, Francia e Regno Unito. Per ridurre il divario è necessario mettere a terra iniziative concrete, perché ogni cambiamento parte con un’azione. In questo senso risultano fondamentali gli esempi virtuosi di aziende che possano essere seguiti come modelli adattabili a diversi contesti. Best practice come quelle avviate da EY per la promozione della gender equality e della leadership femminile.
Le indicazioni emerse dalla ricerca EY
Un quadro della situazione attuale delle aziende italiane su temi come leadership femminile e ruolo delle donne emerge dalla ricerca EY e SWG effettuata a febbraio 2022. Si tratta di un’indagine quantitativa condotta mediante una rilevazione online con il metodo CAWI (Computer Assisted Web Interview) su tre diversi target di riferimento: 514 donne lavoratrici di età tra 30 e 50 anni; 104 donne impiegate come dirigenti, manager, imprenditrici e quadri; 103 uomini impiegati come dirigenti, manager, imprenditori e quadri.
Rispetto al vissuto nel contesto lavorativo emergono forti squilibri di genere con una decisa penalizzazione delle donne. In particolare, il 30% delle lavoratrici tra 30 e 50 anni afferma che la posizione professionale occupata non è in linea con le proprie competenze e aspettative, mentre il 40% ritiene che la propria retribuzione non sia adeguata al lavoro svolto. Inoltre, il 52% dichiara che nella propria azienda uomini e donne non hanno le stesse opportunità di fare carriera. A supporto dei dati appena citati, emerge che nella percezione sia delle lavoratrici che dei dirigenti (donne e uomini) interpellati, solo in un terzo delle aziende è presente una parità di genere per quanto riguarda i ruoli dirigenziali e laddove le donne occupino ruoli dirigenziali, si trovano a gestire una quantità di risorse inferiori rispetto ai colleghi. Un altro dato significativo circa le difficoltà con cui si devono misurare le lavoratrici riguarda la maternità: oltre la metà delle intervistate ha dichiarato di aver ricevuto durante il primo colloquio di lavoro domande sul fatto di avere figli o di volerne in futuro. Dunque, la maternità appare ancora un elemento di ostacolo nei percorsi di ingresso nel mondo del lavoro e nella possibilità di fare carriera.
Nonostante i forti squilibri in favore di una leadership lavorativa al maschile, è interessante segnalare la percezione generalizzata sul fatto che le caratteristiche di un buon leader non siano legate al genere. Il 75% dei dirigenti intervistati, infatti, ritiene che un’azienda con una leadership più equilibrata tra uomini e donne conduca a risultati più performanti.
Tra le motivazioni alla base della minore diffusione della leadership femminile, appare definitivamente tramontato il luogo comune che fare carriera non rientri tra i desideri delle donne. Una volontà di carriera però spesso rallentata principalmente da due fattori: predominanza maschile nei ruoli chiave con ridotte possibilità di affermazione per le donne (indicata dal 75% delle lavoratrici) e difficoltà a conciliare lavoro e famiglia o attività di cura (indicata dal 84% delle lavoratrici). Emerge inoltre con decisione, sia tra le lavoratrici che tra le dirigenti, il gradimento per una legge che renda vincolante per le aziende raggiungere obiettivi di identità di genere.
A livello di iniziative per ridurre il gender gap, nella percezione degli intervistati risultano ancora poche le aziende italiane che si sono dotate di un struttura organizzativa ad hoc per affrontare temi come gender equality e inclusione. Nello specifico, il 68% delle aziende non è dotato di una struttura ad hoc che si occupi di inclusione e solo il 21% ha previsto di crearne una prossimamente. In particolare risultano mancare soprattutto le strutture in favore di un corretto equilibrio tra lavoro e famiglia, oltre a sistemi per la misurazione della gender equality. Un dato che fa particolarmente riflettere è quello sulla diversa percezione tra dirigenti uomini e donne in fatto di effettiva equità nel trattamento: per il 76% dei dirigenti uomini c’è parità di trattamento, contro il 50 % dei dirigenti donne.
Anche su un tema cruciale come la crescita del Paese, strettamente legato al PNRR, appare evidente come vi sia poca conoscenza da parte dei dirigenti aziendali. Oltre la metà di loro (56%), per esempio, non è a conoscenza della certificazione di parità, una delle misure inserite dal Governo nella missione Coesione e Inclusione del PNRR, per favorire un cambio culturale all’interno delle aziende.
Promuovere la gender equality
Inclusione, diversità, parità di genere, sono temi di cui si parla sempre più spesso nelle aziende, ma quanto davvero si sta facendo per portare avanti un cambiamento che è molto profondo, perché fondato su un background culturale radicato difficile da modificare? EY ritiene che la gender equality sia uno dei cardini della propria policy aziendale. Per questo da tempo è attivamente impegnata con una serie di best practice e iniziative. A cominciare dalle pari opportunità di ingresso in azienda, un obiettivo raggiunto e da consolidare anno dopo anno: nel 2021 su 1.800 persone assunte il 52% erano donne. Pari opportunità anche a livello di trattamento economico con l’annullamento del gender pay gap, anche nel settore tech. L’idea di fondo è quella di costruire un Better Working World, una nuova dimensione in cui risulta centrale anche l’adozione di un modello di flessibilità nella gestione di tempi, spazi e modalità di lavoro, sulla base di una policy smart working all’avanguardia. L’attenzione alla sfera privata delle persone si riflette su iniziative di policy aziendale in favore della famiglia e dei neogenitori, che prevedono bonus estesi a madri e padri, per avere opportunità e tempo per prendersi cura dei propri figli, oltre a percorsi formativi per vivere l’esperienza genitoriale e trasferire nell’attività lavorativa le competenze sviluppate nella cura della famiglia. Non ultimo, EY ha dato vita a un programma di ascolto e co-creazione di idee per costruire un nuovo modo di vivere in azienda, che ha visto coinvolte 6.000 persone in Italia, secondo un modello di Leadership Trasformativa ovvero: partire da sé stessi per capire che impatto vogliamo avere nel mondo.
Sostenere la leadership femminile
L’attenzione alla gender equality coinvolge tutte le fasi del percorso professionale in EY. Non solo in ingresso ma anche in avanzamento di carriera. Sono diversi i progetti e le attività in ottica di potenziamento della leadership femminile. Tra queste la campagna di sensibilizzazione Le Leader del futuro #UnikeLikeYou sui comportamenti di leadership inclusiva, o la campagna di recruiting che prevede un mix di operazioni di comunicazione e networking che vedono protagonisti alcuni role model, persone in grado di essere fonte di ispirazione per una crescita equa e condivisa. In ottica di garantire pari opportunità di accesso, crescita e sviluppo del potenziale, rientra il progetto YouMovement, che prevede il coinvolgimento diretto della leadership di EY per avere una maggiore gender equality anche nei ruoli apicali. Di particolare interesse anche le attività di mentoring in cui le risorse mettono a disposizione tempo e competenze per aiutare le nuove generazioni nella loro crescita professionale.
Investire sulle competenze del futuro
Costruire la leadership del futuro è un obiettivo che parte dallo sviluppo di specifiche competenze in determinati ambiti come le discipline STEM. In questa direzione EY ha organizzato l’evento virtuale internazionale Women in tech dedicato a neolaureate e laureande appassionate di tecnologia che desiderano lavorare nel settore STEM. Un’opportunità unica per creare un punto di contatto e confronto sul mondo del tech tra i leader EY e le future leader tecnologiche.
Le giovani che stanno ultimando gli studi in materie economiche, ingegneristiche o STEM possono anche mettere in gioco le proprie capacità nella competizione internazionale EY Next Gen Women 2022 che prevede sfide individuali, di gruppo e sessioni interattive su temi diversity & inclusion.
Inoltre EY prevede percorsi di potenziamento di risorse personali, comportamenti inclusivi, benessere professionale e personale attraverso un assessment predittivo che integra la pratica scientifica, conoscenza del mondo organizzativo e neuroscienze applicate.
*Managing Partner Area Tax&Law, Ernst&Young Italia
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