Fondazione Marisa Bellisario

IMPRESE ITALIANE TRA GLOBALIZZAZIONE E DEGLOBALIZZAZIONE

a cura di Lucia Pasqualini*

Nel secondo dopoguerra si verifica una rapida accelerazione nella circolazione delle merci grazie alla crescita di scala dei mercati, alle innovazioni tecnologiche e alla semplificazione delle norme sul libero commercio, garantito per quasi cinquant’anni dal GATT e successivamente dal 1994 dal WTO (World Trade Organization).

Ma è soltanto a partire dagli inizi degli anni ‘90, che il commercio internazionale si afferma a livello globale in maniera sempre più interdipendente, dando vita al fenomeno della Globalizzazione. Lo scambio delle merci negli ultimi 30 anni è cresciuto vertiginosamente con un impatto profondo non solo sul piano commerciale, economico, infrastrutturale, ma anche sociale e culturale. Un processo che ha provocato il graduale ridimensionamento del ruolo dello Stato nelle politiche fiscali, economiche ed industriali, la completa liberalizzazione del commercio, la libera circolazione dei talenti e della ricerca scientifica, e l’apertura delle economie nazionali agli investimenti stranieri.

Nell’affermazione della globalizzazione, la Cina ha avuto un ruolo centrale, soprattutto in seguito alla sua entrata nel 2001 nel WTO. Nell’arco degli ultimi 20 anni, la Cina è diventata fondamentale nella produzione di qualsiasi bene, grazie ad un sistema capillare ed efficiente di catene di approvvigionamento. Attraverso la creazione di Zone Economiche Speciali (ZES) ed una politica industriale lungimirante con obiettivi a medio-lungo termine, la Cina ha plasmato il processo di globalizzazione dell’economia mondiale.

Se è vero che la crisi economico-finanziaria del 2008 rappresenta uno spartiacque nei rapporti fra Stati Uniti e Cina, è solo 10 anni dopo che il mondo occidentale inizia a comprendere il livello di dipendenza economica dalla Cina e lo straordinario sviluppo tecnologico raggiunto dalle aziende cinesi. La realizzazione della tecnologia 5G da parte di Huawei rappresenta un campanello d’allarme per il mondo occidentale. La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina iniziata nel 2018 con l’emanazione delle prime sanzioni economiche rappresentano il primo colpo alla globalizzazione.

È con la diffusione della pandemia da COVID-19 che il mondo si avvia verso un processo di graduale deglobalizzazione. Tra il 2021 e il 2022, le aziende straniere iniziano a rivedere i propri piani di espansione e strategie in Cina dando avvio ad un lento ed ampio processo di disaccoppiamento economico (decoupling). La rigida politica tolleranza zero nei confronti del COVID attuata dal Governo cinese, ancora in atto, ha colpito tutti i processi produttivi con un innalzamento dei costi generali, in primis della logistica e trasporti, anche essi soggetti alle stesse regole di quarantena applicate per gli individui.

Allo stesso tempo, Stati Uniti ed Europa iniziano a rivedere i propri piani industriali a sostegno del trasferimento di alcune produzioni in settori strategici nei propri confini nazionali (semiconduttori). L’annuncio di Apple di spostare parte dell’assemblaggio dei propri prodotti in Vietnam nel maggio 2022 è un segnale inequivocabile di questa tendenza.

Il position paper della Camera di Commercio Europea in Cina pubblicato nel settembre 2022 mette in evidenza il cambiamento delle condizioni generali della Cina nei confronti degli investimenti esteri ed una politicizzazione dell’economia. Il Presidente Joerg Wuttke ha dichiarato che la Cina non garantisce più la stessa affidabilità, prevedibilità ed efficienza.

Il Presidente della Camera di Commercio americana in Cina Michael Hart ha recentemente dichiarato come siano aumentate le riserve sull’andamento dell’economia cinese. Allo stesso tempo, il mercato cinese rimane attrattivo per la sua dimensione e per la progressiva crescita della classe media. Infine, Hart ha sottolineato come “nei prossimi 10-15 anni nessuno può rimpiazzare la Cina”.

Lo scambio delle merci è storicamente alla base dei rapporti tra i popoli. Nei secoli, il commercio ha influenzato le abitudini dei popoli e il corso della storia. La pandemia ed il nuovo contesto geopolitico hanno messo in evidenza la vulnerabilità delle filiere di fornitura e l’importanza dell’autonomia strategica del nostro Paese e dell’Europa. Si apre una nuova fase di sviluppo industriale perché la distanza geografica ed il ruolo della politica hanno un ruolo più significativo nelle scelte produttive e commerciali. Il rafforzamento dei rapporti commerciali a livello europeo è imprescindibile per affrontare il nuovo contesto internazionale.

*Capo Ufficio attrazioni Investimenti MAECI, già console Generale d’Italia a Guangzhou

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