Fondazione Marisa Bellisario

PALERMO CHIAMA, BELLISARIO RISPONDE

di Stefania Cavallaro*

Nella Sicilia di Franca Viola, si sono riunite donne e uomini della società civile e della politica per portare concretezza alla battaglia contro le ideologie, le violenze di genere e gli stereotipi attorno alle donne. Ma anche analizzare scenari futuri figli di nuove dinamiche sociali, passando dal mondo del lavoro all’intelligenza artificiale. Nella terra in cui una ragazza “sola” è riuscita a cambiare il codice penale, eliminando il matrimonio riparatore e diventando un simbolo di coraggio e di emancipazione femminile, solo 42 anni fa, il coraggio oggi è identificato nell’impegno quotidiano. Non la presa di posizione a spot. Ma la coerenza nel segnare una strada di emancipazione che non sia solo figlia dell’emotività, delle date simbolo, delle suggestioni del momento. Che sia al centro di una visione.

Il Convitto Giovanni Falcone è stato una cornice di grande suggestione, solenne ma priva di rigidità. Un guscio di protezione alla delicata discussione attorno alle grandi sfide di un Paese che per la prima volta sfonda il tetto di cristallo di una donna a Palazzo Chigi. Sola? Isolata? Osteggiata? Siamo partite da qui. Da una donna madre che fa politica e governa il Paese.

Un incontro intimo e alla pari, plasticamente visibile dagli 8 tavoli che mettevano alla portata di tutti la discussione, senza relatori sul palco e auditori in platea. Tutto sullo stesso piano. Un flusso di riflessioni, esperienze, dubbi e proposte che ha coinvolto senza esclusioni i partecipanti

Tra esperienze personali e aneddoti dolorosi, le proposte sono arrivate seguendo il flusso dei pensieri. Nessun canovaccio, come in un libro di Joyce, uno stream of consciousness che si è aggrappato all’intimo ma anche alle analisi più specifiche degli osservatori. Dalle storie di donne che oggi sono eroine al servizio delle vittime degli abusi perché a loro volta violate, ma senza alcuna solidarietà e sostegno sociale, l’urgenza di alleggerire la burocrazia per la gestione dei Fondi ai centri anti violenza. Chi ha bisogno non può aspettare, chi fugge da un marito assassino, sopravvive se viene aiutata subito.

Una richiesta che dal nostro tavolo, separata da pochi centimetri di distanza è arrivata dall’esperienza del territorio dritta alle istituzioni, con la Senatrice Gelmini che ha accolto con attenzione la riflessione e l’appello accorato di Caterina Grechi, presidente del Centro Pari opportunità della Regione Umbria.

Le stesse istituzioni, in un momento di delicata congiuntura economica, sembrano orientate sulla necessità di inserire i centri antiviolenza nei Lap, i livelli standard di prestazione delle Regioni. Perché la violenza verso le donne, i femminicidi, la stalking, appartengono all’ordinario e non allo straordinario.

Una sorta di “pronto soccorso salva vita”, contemporaneamente a un profondo cambiamento culturale, è urgente

Tutte noi, compresa la sola quota azzurra del nostro tavolo, il direttore del Giornale di Sicilia, Marco Romano, abbiamo interagito su vari livelli di discussione. E a ogni livello il bandolo della matassa risultava il medesimo: la famiglia. Pilastro della società che vive un profondo momento di crisi. Famiglia che ha bisogno di strumenti, per educare gli stesi genitori a una formazione consapevole dei figli. Il tempo è sempre meno e spesso corroso. Ripartiamo dall’educazione. Investiamo nelle nuove generazioni, perché non commettano gli errori di chi ha messo al centro l’individuo e non la collettività.

Oriana Fallaci scrisse «La rivoluzione più grande è, in un paese, quella che cambia le donne e il loro sistema di vita. Non si può fare la rivoluzione senza le donne. Forse le donne sono fisicamente più deboli ma moralmente hanno una forza cento volte più grande».

*Giornalista e conduttrice Tg4

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2 commenti su “PALERMO CHIAMA, BELLISARIO RISPONDE”

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