Fondazione Marisa Bellisario

OGNI LUNGO VIAGGIO INIZIA CON UN PRIMO PASSO

di Virginia Raggi*

Durante l’anno troviamo alcune ricorrenze dedicate alle donne durante le quali, più che festeggiarle, fare convegni o ricordare il drammatico fenomeno della violenza di genere, sarebbe utile fare il punto su quanto è stato concretamente fatto per loro e quanta strada ancora ci sia da fare. Ovviamente, dando per scontato che il “lavoro” venga svolto durante tutti i restanti giorni dell’anno, ossia quando i riflettori delle ricorrenze si spengono.

Non c’è dubbio che, soprattutto negli ultimi anni, sia molto aumentata la consapevolezza sui temi connessi al divario di genere (o, c.d. gender gap), alla violenza sulle donne, all’empowerment, alla necessità di aumentare la presenza delle donne nei settori cc.dd. “stem”, ecc.: non solo se ne parla di più, non solo costituisca uno degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, ma finalmente anche alcuni provvedimenti normativi lasciano intendere che, sebbene ancora troppo lentamente, anche il Legislatore, che non è certo noto per la sua rapidità di azione, sta facendo dei passi in avanti.

Mi riferisco, ad esempio, alla Pdr UNI 125:2022, meglio nota come certificazione di parità, uno strumento che certifica nelle aziende il grado di avanzamento nelle politiche volte a promuovere la parità di genere in ambito lavorativo, politiche di inclusione, assunzionali, di riduzione delle differenze salariali ecc..

La certificazione è stata riconosciuta normativamente con la recente Legge n. 162 del 5 novembre 2021 che l’ha introdotta all’art. 46-bis del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, prevedendo che il possesso della predetta certificazione da parte delle società private consenta l’attribuzione di un punteggio premiale in sede di bandi di gara, avvisi o inviti relativi a procedure per l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere e, come ulteriore possibilità, dia luogo ad un esonero fino a 50 min di Euro annui dal versamento dei contributi previdenziali.

E ancora, la recente Legge 3 luglio 2023, n. 87 di conversione del D.L. 29 maggio 2023, n. 57 ha introdotto, all’art. 108, comma 7, del Codice degli appalti pubblici, il possesso della certificazione di parità tra i criteri premiali in sede di aggiudicazione.

Appare chiaro che l’introduzione della certificazione, la cui applicazione è prevista ancora come volontaria, è destinata trovare larga applicazione soprattutto per tutte quelle aziende che, contrattando con la P.A., possono vedersi attribuire punteggi aggiuntivi proprio grazie all’adozione di questo strumento.

E, tuttavia, proprio nel mondo del lavoro vi è ancora moltissima strada da percorrere: non basta, purtroppo, la certificazione per ridurre il gender pay gap, per garantire alle donne (soprattutto se madri) gli stessi avanzamenti di carriera degli uomini, per scongiurare i licenziamenti, i part-time forzati, le fuoriuscite “volontarie” dal mondo del lavoro dopo l’arrivo di un nuovo nato. Le recentissime statistiche fotografano un dato allarmante: con maggiore incidenza nel centro-sud Italia, le donne occupate sono solo 1 su 3.

Ed infatti, al netto della difficoltà di entrarci nel mondo del lavoro, è chiaro che alla nascita di un figlio, le prime a rimetterci dal punto di vista lavorativo, sono proprio le madri.

Eppure non dappertutto è così. In particolare, nel Paesi scandinavi, seppur con differenze più o meno marcate tra loro, da decenni hanno introdotto il congedo paritario obbligatorio in base al quale quando nasce un figlio, entrambi i genitori vengono responsabilizzati sia dal punto di vista familiare che lavorativo: in buona sostanza vengono previsti mesi di congedo obbligatorio per entrambi i genitori e, sorprendentemente per noi, non solo le madri ma anche i padri ne usufruiscono in pieno!

Il c.d. “modello scandinavo” è stato poi adottato, con una serie di correttivi (peraltro non tutti fruttuosi), anche in Spagna, Francia e Germania. E allora sarebbe l caso di chiedersi: perché non proviamo anche noi?

Sarebbe senza dubbio uno strumento di grande “rottura” soprattutto culturale, poiché obbligherebbe i padri ad occuparsi della nuova famiglia senza delegare sempre alle madri e, soprattutto, metterebbe il datore di lavoro davanti all’evidenza del fatto per cui ogni neo-assunto, indipendentemente dal genere, sarebbe obbligato ad “assentarsi” per lo stesso periodo di tempo all’arrivo del nuovo nato. Ma ci pensate che rivoluzione? Niente più preferenze in sede assunzionale, niente più rampe di lancio per le carriere accessibili solo per gli uomini, niente più dimissioni post maternità…

Certo, è chiaro che c’è ancora tanta strada da fare ma “ogni lungo viaggio inizia con un primo passo”.

Che il prossimo 8 marzo, quindi, sia una ricorrenza anche operativa, per non perdere di vista gli alti obiettivi da raggiungere e continuare il cammino. E poi, magari, regaliamoci anche una mimosa!

* Presidente Women in Charge Tour

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