Fondazione Marisa Bellisario

LA VIOLENZA DEI GIOVANI

di Rosa Musto*

Come mai alcuni giovani… Sono autori di violenze in strada? Organizzano con messaggi risse dandosi appuntamento in piazza? In branco o da solo, si approfittano di una vittima sessuale designata? Vendono sostanze psicoattive illegali?

Sono queste alcune delle domande che oggi vengono in mente quando veniamo a conoscenza dai media di comportamenti carichi di aggressività e violenza da parte di alcuni giovani.

Ragazzi che fuori casa portano con sé coltelli, pronti a fare risse, furti, stupri, spaccio di droghe, senza regole sociali per affermare la propria identità, in una realtà sociale che non dedica  loro spazi, non realizza contesti culturali di vario genere per rendere sostenibile e inclusiva l’educazione alla vita adulta, in una “palestra “che sappia orientare alle “sfide dei tempi” senza l’uso di strumenti illeciti, come la corruzione, il ricatto, la violenza, per riuscire ad affermare se stessi  e “vincere le sfide”. L’egoismo domina, prevale sempre più sull’empatia e la solidarietà e i modelli di vita basati su onestà, coerenza e rettitudine sono stati soppiantati da modelli improntati all’affermazione del sé, alla spregiudicatezza e all’avventurismo senza scrupoli. Quando vengono interrogati sui loro comportamenti, i ragazzi che commettono atti di abuso e/o violenza, non mostrano vergogna o pentimento, ma uno strano atteggiamento, come se non si rendessero conto della gravità delle azioni commesse, come se non fossero consapevoli del mondo che li circonda, dell’altro, della necessità di condividere codici e regole di comportamento nella società civile.

Il periodo dell’adolescenza, compreso dai 15 ai 22 anni, è caratterizzato dalla ricerca dell’individualità, porta con sé importanti cambiamenti fisici ed emotivi e con esso iniziano le prime relazioni affettive di coppia. Purtroppo, non sempre le cose vanno come dovrebbero e nelle relazioni fra pari si possono generare situazioni di abuso e violenza. A tal proposito si parla di Teen Dating Violence definita come una “varietà di comportamenti che vanno dall’abuso fisico e sessuale a forme di violenza psicologica ed emotiva che avvengono nelle coppie di adolescenti”. I Social Network e l’uso delle tecnologie sono spesso luogo e strumento di incontro e realizzazione delle relazioni stesse. Oggi, gran parte della violenza interpersonale è mediata dalle tecnologie digitali e non vi è più un confine chiaro tra vita online e offline, tanto da ritenere la vita una dimensione onlife (Floridi, 2017). A tal proposito si tratta di Online Teen Dating Violence e non va ignorato come l’uso di sostanze psicoattive gioca un ruolo importante nei fatti di violenza e/o abuso.

Comunque, la causa della violenza dei giovani non è solamente da attribuire alle tecnologie digitali e alle droghe, ma esistono fattori di rischio che entrano in gioco prima degli accadimenti: la carenza o la mancanza educativa nell’infanzia in famiglia, per inadeguatezza delle regole, negligenza, violenza subita o assistita; appartenenza a gruppi amicali devianti; non realizzazione di attività educative a scuola su emozione, affettività e inclusione.

Oggi occorre riconoscere che si è giunti a questa grave situazione perché da tempo troppo vagamente è stato preso in considerazione il ruolo dell’educazione, ignorando i suoi possibili interventi di prevenzione. Famiglia e Scuola sono le agenzie educative che generano gli stili di comportamento assunti da ciascun adulto e oggi più che mai occorre che si impegnino nell’educazione al rispetto dell’altro, e all’affettività, ai sentimenti. La costruzione del sé si realizza grazie all’incontro con l’altro, attraverso questo percorso si impara a riconoscere affinità e differenze. Nella relazione educativa, in famiglia e a scuola, se le figure adulte interagiscono in modo positivo, allora il ragazzo e la ragazza vivono al centro di una complessa rete di rapporti positivi, dove il loro microcosmo si intreccia con il contesto più ampio dell’ambiente, della società, della cultura in cui imparano il saper vivere. Sin dalla nascita si dà il via all’educazione all’affettività e alle emozioni in famiglia, per sviluppare l’intelligenza emotiva, con la consapevolezza delle proprie sensazioni, delle proprie emozioni e dei propri sentimenti in una dimensione affettiva. Questi sono i fondamenti per favorire l’attitudine a intraprendere buone relazioni interpersonali da adulto in famiglia e nel lavoro. Si inizia questo processo educativo con la narrazione di storie/fiabe nell’infanzia, importante strumento per arrivare al cuore dei bambini, per promuovere l’apprendimento del linguaggio delle emozioni. In tal modo i bimbi imparano a riconoscere la loro dimensione emotiva e a gestirla. Scoprire e conoscere l’aspetto delle proprie emozioni negative, dando loro un nome, rabbia, tristezza e altro, significa imparare a non farsi dominare da esse. Un’adeguata educazione emotiva, nelle diverse fasi dell’età evolutiva, rinforza la destrezza nella gestione degli stati emotivi, andando a ridurre le emozioni negative e aumentare quelle positive. Saper dominare, cioè gestire, le emozioni negative significa riconoscerle, non reprimerle e prevedere le reazioni dell’altro, per poter poi scegliere come risolvere in maniera positiva il conflitto che si sta affrontando. L’educazione alle emozioni avviene quindi, inizialmente in famiglia e in seguito prosegue in collaborazione con la scuola. Ai giovani di oggi l’apprendimento delle discipline non dovrà più apparire separato dall’idea di una formazione completa a scuola: sapere, saper fare e saper essere siano componenti inscindibili dellatesta ben fatta” (E. Morin).

“Una testa ben fatta” è possibile realizzarla nella scuola italiana, i docenti dovranno sempre più impegnarsi a realizzare efficaci attività educative come quelle previste dal Piano per l’educazione al rispetto e dalle Linee guida per la parità tra i sessi e contro la violenza di genere.

*Esperta di comunicazione pubblica istituzionale, Dirigente tecnico Ministero istruzione

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