Fondazione Marisa Bellisario

LA LEADERSHIP GENTILE

di Guido Stratta*

Che cosa è per noi la leadership gentile? In questo periodo storico in continuo cambiamento, dove si respira un’aria di incertezza e volatilità, l’unica via per le aziende di creare valore è dare valore al proprio personale. L’idea alla base della leadership gentile è la prospettiva di un’evoluzione necessaria nel mondo del lavoro in cui le organizzazioni siano vissute come esseri viventi, esattamente come lo sono gli esseri appunto “umani” che vi collaborano. Il leader gentile è infatti umano, non è un eroe, ma è colui che ispira nell’altro ottimismo e fiducia e che collabora, nella medesima maniera, per riuscire realizzare la versione migliore di sé stesso e dei suoi collaboratori.

In Enel agiamo per andare oltre l’idea di gerarchia, dove chi decide ed esegue possa collaborare in sinergia per raggiungere un medesimo scopo. In questo contesto le idee non hanno classe per cui ognuno, se motivato e supportato nel proprio essere autentico, può fiorire e donare il proprio genio all’altro lasciando così dietro di sé il vecchio modus operandi basato su antagonismo e performance. Si abbatte così quello che vediamo come l’ultimo ostacolo al progresso personale ovvero quello della competitività con l’altro, sostituendole invece la competizione con noi stessi. Insieme si costruisce una comunità dove fiducia e generosità sono i motori della crescita e lo sviluppo personale non intacca gli altri. Per generosità si intende il gesto di regalare le proprie idee all’altro senza il timore di un mancato riconoscimento o del furto della loro proprietà, favorendo un contesto lavorativo che consenta a tutti di migliorare e maturare senza aver paura del giudizio; contesto in cui Nessuno è migliore o peggiore di un altro ma unico e valevole nella sua identità in favore del Noi. Fondamentale per sviluppare il senso del Noi è puntare sul talento delle persone, guardare alla loro vocazione partendo anche e soprattutto dalla parte emotiva e motivazionale. Per fare ciò è necessario fare il vuoto al centro per permettere agli altri di espandersi e andare oltre loro stessi. Il nostro compito per favorire questo potenziamento è di guardar loro non come sono ma come potrebbero essere, rafforzandone automaticamente gli aspetti su cui si andrà a puntare. Come quando l’arciere deve mirare al bersaglio non si cercherà di farlo direttamente ma si andrà a puntare più in alto per prendere le giuste misure a centrare l’obiettivo a dispetto delle condizioni in cui ci si trova.

I tre principi fondamentali su cui si basa la leadership gentile sono: il benessere, la motivazione e il risultato, i quali devono potersi trovare in equilibrio in un contesto lavorativo, poiché sappiamo fin troppo bene come invece un individuo, trovandosi in un ambiente tossico, possa perdere la motivazione che lo spinge a donare il suo ingegno senza riuscire a raggiungere pienamente il successo. Nella nostra mission sulla gentilezza abbiamo messo a fuoco il concetto per cui non si può chiedere a una stella alpina di fiorire in spiaggia o a un papavero di crescere su di un ghiacciaio. Lo sforzo comune è invece quello di contribuire a una cultura di accettazione dove si arrivi a fiorire unendo il benessere, non inteso come salute meramente fisiologica, alla motivazione a dispetto del passato cinismo dell’avere senza dare che ha sempre impedito il progredire delle persone nel loro ruolo, sia a livello personale che professionale.

In un’ottica di leadership gentile lo stare bene e il funzionare bene sono due lati della stessa medaglia: stare bene è da sempre stato circoscritto al prendersi cura meramente dell’aspetto psicofisico ma per noi non riguarda solo questo poiché si lega anche al funzionare bene all’interno di un’organizzazione. Quest’ultimo aspetto non dipende più dalla sola bravura nella pratica, ma dalla capacità di coltivare le proprie passioni, dalla capacità di dialogare apertamente anche degli errori propri e altrui attraverso feedback costruttivi; da azioni concrete volte a generare empatia negli altri creando così il fertilizzante per lo spazio di crescita dei talenti. Il successo, dunque, non è più visto in un’ottica di successo proveniente dall’organizzazione ma è basato sul successo originante dalle persone che vi lavorano. Per sviluppare una leadership gentile è necessario quindi pensare alle persone come arance e non spicchi, sia nella loro interezza che nella loro interazione con l’ambiente in cui si trovano, come fossero un unico grande organismo. Solo in questa maniera si riusciranno ad abbattere le paure, a centrarsi su noi stessi e a far dono di noi agli altri. Se le persone si sentono accolte, ossia viste e ascoltate, avranno maggiori capacità di far crescere la propria motivazione e quella della squadra, raggiungendo alla fine migliori risultati. Tutti possiamo diventare leader gentili, farci facilitatori di un dialogo tra pari, di uno scambio di competenze e conoscenze riuscendo a guidare con noi in un percorso anche chi, scettico, non ha ancora chiarito la sua motivazione, chi guarda troppo al passato o troppo al futuro perdendo di vista il presente, l’obiettivo, il sé. Bisogna imparare a osservare dentro, allargare il proprio sguardo anche all’altro con apertura, cercando di trovare una motivazione endogena senza cedere alle pressioni esterne del fare; ottenere il massimo rendimento attraverso le proprie passioni e il talento e non cercando fuori da noi un suggerimento inadeguato, per poter così costruire insieme un futuro differente e di differenze, integrate in un unico essere. Guardando al futuro continueremo a coltivare le attitudini di ognuno come fossero fiori nel giusto terreno, poiché ormai non è più la sola pratica lavorativa, copiabile e riproducibile, del professionista a essere il fattore competitivo nel lavoro, ma il nuovo modello emozionale sviluppato con cui le persone hanno imparato a gestire e gestirsi in contesti flessibili e in continua espansione.

*Direttore People & Organisation Gruppo Enel, Founder & Presidente Accademia della Gentilezza

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