L’ultimo numero di questo 2022. Un anno complesso in cui tanti sentimenti contrastanti si sono susseguiti senza soluzione di continuità. La timida e gioiosa ripresa di una socialità bruscamente interrotta, la scienza che ha la meglio sul più devastante virus mai sperimentato in questo secolo da una collettività così estesa, di colpo raggelate dall’orrore per il conflitto nel cuore dell’Europa. Avvenimenti che parlano di un passato oscuro in cui la paura vinceva sulla speranza e che hanno fatto irruzione in un futuro luminoso fatto di progressi innegabili.
Scriveva Rainer Maria Rilke: «Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima che accada». E oggi quel futuro si è materializzato in un sentimento di incertezza, fragilità, ansia ma anche rabbia e impotenza, per cui dobbiamo trovare un antidoto. Ognuno di noi a suo modo, con i propri strumenti ma tutti insieme come comunità dialogante.
Ottimisticamente, mai come oggi abbiamo l’occasione di comprendere che è la comunità umana, il suo benessere, la sua stabilità, la legittimazione delle sue ambizioni di benessere, avanzamento e parità a contare più di tutto. Perché mai come in questo momento tanto difficile ci siamo resi conto che qualsiasi trasformazione, necessaria o auspicabile, chiede condivisione. Mai come oggi abbiamo compreso che quella sostenibilità di cui parliamo da anni non è un’utopia da salotto ma richiede lo sforzo concreto di tutti. Mai come adesso siamo consapevoli dell’interdipendenza e dell’indissolubile legame che lega ciascun cittadino di ciascuno Stato in tutto il Pianeta. Siamo lontani eppure legati a filo doppio e quelli che erano fino a qualche tempo fa ragionamenti che impegnavano i grandi della Terra sono diventate conseguenze che ogni singolo individuo paga sulla propria pelle. Forse è il tempo giusto per un nuovo impegno.
In questo senso, i ragazzi di “Fridays for future” ci hanno dato una grande lezione. Come ce la danno da quasi un anno gli uomini e le donne che combattono per l’indipendenza del proprio Paese, l’Ucraina. O le giovani donne scese in piazza in Iran e tutti coloro che hanno iniziato a marciare accanto a loro, a costo della vita. Non siamo atomi e la battaglia per la libertà, contro i regimi autoritari, contro la sopraffazione, la violenza e la negazione dei diritti umani, contro lo sfregio dell’ambiente, contro la povertà ci riguardano. Tutti noi.
È una consapevolezza che può atterrire, che può paralizzarci dalla paura. Oppure, è una sfida che possiamo accogliere, iniziando a lavorare, ognuno nel nostro piccolo. La mia esperienza mi dice che è l’unico modo per stare nel mondo. Non dimenticare l’altro, che sia il vicino di casa o la donna che decide di camminare per strada senza hijab. Non abbandonarsi alla paura del domani ma andare in cerca delle opportunità, che ci sono, sempre, se abbiamo il coraggio di desiderarle.
Siamo a un incrocio della storia e la crisi energetica o un nuovo governo non sono che passaggi, corsi e ricorsi che si ripeteranno in modi e forme diverse e sempre uguali. A restare sarà però il modo in cui abbiamo scelto di affrontare le singole difficoltà, gli occhiali che abbiamo deciso di indossare per guardare al domani. Devono aiutarci a vedere da vicino, a leggere i conti da pagare e il partito per cui votare ma aiutarci anche a guardare l’orizzonte e oltre. A scorgere le opportunità ma anche a comprendere che il nostro benessere, la nostra serenità non sono garantite da un recinto che ci separa dal resto del mondo e dalle sue brutture. È l’impegno per cambiare quelle brutture che farà la differenza. E non sarà solo un fatto di coscienza individuale, non ci aiuterà solo a guardarci serenamente allo specchio. Il nostro modo di stare al mondo ha delle conseguenze. Le ha per i nostri figli, che ci guardano e che da noi assorbiranno una visione del futuro e degli altri. Le ha per l’ambiente che le future generazioni avranno in eredità. Le ha per gli ayatollah, i signori della guerra e i talebani di domani che sapranno di non poter amministrare la libertà altrui senza interferenze. Siamo interconnessi e sta a noi interpretare quello che è un dato di fatto come un’intromissione nel nostro quieto vivere o come un’opportunità di impegno, una ragione di ottimismo.
Buon 2023, che sia l’anno delle donne, della libertà, dell’autodeterminazione.
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