Fondazione Marisa Bellisario

IL RITORNO DELL’ENERGIA ATOMICA

di Laura Luigia Martini*

Era il 1953 quando il Presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower pronunciò davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite un memorabile discorso sull’uso pacifico dell’energia nucleare: “Atoms for peace”, atomi per la pace.  La Conferenza di Ginevra che ne seguì segnò l’inizio dello sviluppo delle tecnologie per lo sfruttamento dell’energia nucleare, inclusa la fusione, e un paio d’anni più tardi fu costituita l’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Tali studi furono subito avversati da un profondo dissenso che si rafforzò a seguito dei gravi incidenti di Three Mile Island (1979), di Černobyl’ (1986) e di Fukushima Dai-ichi (2011). Da allora e ancor oggi il mondo è diviso sul tema, tant’è che l’Europa ha di recente incluso il nucleare nella Tassonomia Green, eppure alcuni tra i Paesi più influenti del Vecchio Continente applicano politiche tra loro diametralmente opposte: mentre la Francia spinge per un potenziamento dell’utilizzo dell’energia atomica, la Germania chiude la sua ultima centrale.

Come orientarsi? Io sono un Ingegnere Nucleare, e con le parole di Eisenhower nel cuore ho studiato al CESNEF, il Centro Studi Nucleari Enrico Fermi del Politecnico di Milano, e mi sono laureata in questa disciplina complessa e meravigliosa per la fisica teorica su cui si basa. Sono però anche un Manager d’azienda di lungo corso e ho sempre seguito l’argomento per passione, ma con una visione strategica molto pragmatica. La mia opinione è quella di chi guarda all’efficienza industriale, ma anche agli investimenti necessari, ai potenziali rischi e ai tempi della burocrazia. E la geopolitica del nucleare ci insegna che ultimamente le grandi centrali hanno palesato, nel mondo occidentale (Stati Uniti ed Europa), tempi di consegna e costi doppi o tripli rispetto a quanto previsto, scoraggiando gli investitori per il rischio finanziario e industriale molto alto associato alla loro costruzione. Diversa la situazione a Est, dove Paesi come Cina o Corea del Sud non hanno mai smesso di produrre questi reattori, il che ha reso la gestione del processo più efficace.

Ebbene, nel marzo di quest’anno, a Parigi, l’Italia ha partecipato come osservatore alla riunione dell’alleanza europea sul nucleare. Al termine del summit ha promosso, con altri 12 Paesi, la ricerca e l’innovazione in tale ambito, in particolare per i piccoli reattori modulari (SMR), reattori a fissione di IV generazione, caratterizzati da un elevato livello di sicurezza intrinseca, più versatili nell’utilizzo e dai costi più contenuti. È stata altresì sottolineata l’importanza “del rispetto dei più severi standard di sicurezza nucleare” e “la necessità di un quadro industriale e finanziario favorevole per i progetti nucleari”. E così, pur non firmando nulla, a Parigi il nostro Governo ha fatto uno storico passo avanti verso una maggiore apertura nei confronti dell’energia atomica.

Ma perché ripensare al nucleare oggi? Perché oggi è necessario implementare un modello di indipendenza energetica strategica e perché oggi dobbiamo attuare un percorso di decarbonizzazione che ci porti al NetZero nel 2050. L’Italia è fautrice di una politica di neutralità tecnologica e l’innovazione viene sostenuta nel rispetto assoluto di tutti i parametri di rischio. Le energie rinnovabili sono la fonte energetica che incontra il maggior consenso, ma sono anche per loro natura discontinue e intermittenti per cui solamente il ricorso a una miscela di fonti energetiche primarie potrà garantire il cosiddetto baseload, la necessaria fornitura minima prevista, e sostenere così gli obiettivi della neutralità climatica. Il ruolo del nucleare in questo senso sarà centrale, in quanto energia carbon free che produce un livello di scorie minimo, esente da interruzioni di servizio e i cui combustibili sono di facile approvvigionamento. Il nodo dello stoccaggio delle scorie andrà affrontato con grande attenzione e la fusione nucleare, quella reazione che genera energia pulita e che simula quanto avviene nel sole, dovrà comunque rimanere l’obiettivo di lungo termine, per il quale l’Italia sta collaborando a progetti internazionali che sfruttano il confinamento magnetico del plasma. Va detto infine che l’impiego del nucleare non è cosa immediata, occorrono anni per la preparazione di un progetto certificato, per l’ottenimento delle necessarie autorizzazioni ambientali, senza tralasciare l’oggettiva carenza di tecnici specializzati.

E tuttavia questa è la strada giusta da perseguire, l’unica possibile. Come dimenticare del resto le parole di Amalia Ercoli Finzi? “Il nucleare sarà il futuro dell’energia”. Accanto ad un così grande nome, in piccolo aggiungo anche il mio, a supporto di tale affermazione, e auspico per il nostro Paese un grande successo nell’affrontare questa coraggiosa impresa che spero tutti sosterremo.

* Nuclear Engineer, SDA Bocconi Fellow

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