Fondazione Marisa Bellisario

QUOTE DA RISPETTARE E POLITICA DA CAMBIARE

Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, il brutto scivolone di Veronafiere – con un CdA tutto al maschile – ha almeno contribuito a scoperchiare il vaso di Pandora. Partendo dal Veneto, dove si è “scoperto” che sono tante le società a controllo pubblico che hanno trovato il modo di aggirare la mia legge. Succede anche a Padova Hall, posseduta al 49% ciascuno da Camera di commercio e Comune, dove il board a cinque non vede presenze femminili e si replica in Asco Holding, la società che controlla la ricca utility dell’energia Ascopiave. Basta invece spostare la lente alle quotate – la stessa Ascopiave, per esempio – per trovare un congruo numero di donne. Il motivo è semplice: per le società quotate il modo di aggirare la legge è pressoché impossibile e il controllo è affidato alla Consob, con il risultato di avere il 41% di donne nei CdA. I numeri del pubblico sono invece aleatori (l’ultimo rapporto Fondazione Marisa Bellisario-Cerved rilevava il 28,4%) e gli stratagemmi per aggirare la norma, molteplici. Basta, per esempio, passare a un amministratore unico: dall’entrata in vigore della norma il numero di controllate pubbliche con amministratore unico è cresciuta di oltre il 40%… E poi, come nel caso di Veronafiere, è sufficiente che le quote non siano riunite in un patto parasociale e quindi il controllo non sia attribuibile a un unico soggetto per fare un po’ quel che si vuole. È evidente che il “caso Veneto” sia solo la punta dell’iceberg di una “consuetudine” ad aggirare la legge diffusa su tutto il territorio, dove la presenza femminile ai vertici del sistema economico rimane esigua e la cooptazione avviene per logiche politiche stringenti, maschili e maschiliste.

Cosa fare? Intanto è subito intervenuta anche la Ministra Bonetti e ci sono interrogazioni parlamentari in merito. Bisogna prima di tutto stringere le maglie della legge e impedire il far west e l’aggiramento sistematico di una norma che ha dimostrato, se correttamente applicata, non solo di funzionare bene ma di portare a concreti miglioramenti nella gestione delle imprese. E poi, bisogna monitorare, denunciare, portare questi anacronismi all’onore delle cronache. Finché tutto tacerà, nulla cambierà.

È palese che nel caso di Veronafiere la mancanza di donne non sia attribuibile a una mancanza di candidate all’altezza. La battaglia per le quote di genere e le nostre tante iniziative hanno almeno sortito l’effetto di estinguere l’argomento becero che non ci siano abbastanza donne con i requisiti giusti per sedere in un CdA. Il punto è che i vertici delle società pubbliche continuano a essere nominati in base a criteri che poco hanno a che fare con il merito e la parità conseguente. Non è un caso che la risposta del Sindaco di Verona sia stata tutta sotto il segno della polemica politica e non nel merito di una scelta di mercato come dovrebbe essere la selezione dei membri di un board. È la politica a guidare la selezione della classe dirigente che dovrebbe far funzionare aziende vitali per i territori. E la politica, lo ripetiamo da anni, continua a comportarsi come un gigante immobile, fuori da tempo e dai cambiamenti che la società e il mercato stanno pian piano introiettando.

Quindi se parliamo del cosa fare, non basterà certamente stringere le maglie della mia legge se non agiamo alla radice del problema: il maschilismo della politica che sul territorio diventa ancora più asfissiante. Siamo allea vigilia di una tornata di Amministrative che coinvolgerà 978 Comuni e 9 milioni di elettori. Sappiamo come sono andate le ultime elezioni in tema di parità ma a quanto pare la lezione non è servita. Solo nei 26 Comuni Capoluogo chiamati alle urne, infatti, le donne candidate Sindaco sono 39, contro 120 uomini. Ben 8 Comuni non hanno nemmeno una donna candidata a primo cittadino – Nord, Centro e Sud senza distinzioni, si va da Alessandria a Parma, da Frosinone a Messina, passando per Lucca e Taranto – e in 5 ne hanno solo una. Ora, come speriamo di avere più donne nei CdA delle società pubbliche non quotate se i numeri sono questi?

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2 commenti su “QUOTE DA RISPETTARE E POLITICA DA CAMBIARE”

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