Fondazione Marisa Bellisario

IL PREGIUDIZIO MEDICO SULLE DONNE GRASSE: DIAGNOSI SBAGLIATE E COMUNICAZIONE INADEGUATA

di Giulia Catricalà*

Più è alto l’indice di massa grassa, più aumenta il rischio di ricevere una diagnosi errata. I pazienti in sovrappeso, soprattutto le donne, sperimentano spesso forme di pregiudizio da parte del personale sanitario. Capita frequentemente, infatti, che i medici focalizzino la loro attenzione esclusivamente sul peso del paziente attribuendo ai chili di troppo i sintomi riferiti, senza eseguire le indagini necessarie.

È convinzione comune che gli addetti del personale sanitario, in quanto tali, siano dotati dell’esperienza per curare i pazienti con tutti gli strumenti a loro disposizione e senza discriminazioni, tuttavia la focalizzazione sul peso di un malato, anche quando il peso non rappresenta la causa scatenante dei suoi problemi, è un fenomeno più ricorrente di quanto si creda e può portare a non diagnosticare malattie potenzialmente letali.

Una meta analisi del 2021 su 41 articoli scientifici ha confermato che medici, infermieri e psicologi “mantengono atteggiamenti impliciti e\o espliciti di pregiudizio nei confronti dei pazienti obesi”. Proprio nei confronti delle persone grasse la comunicazione degli addetti sanitari risulta inadeguata e meno trasparente. Le pazienti obese, in particolar modo, arrivano a scegliere di curarsi da sole e di non fare gli screening per i tumori ginecologici e i melanomi piuttosto che sentirsi nuovamente ridicolizzate per il proprio aspetto.

Uno studio pubblicato sul British Medical Journal nel 2021 (Fat shaming is stopping doctors from helping overweight patients) conferma che “nel contesto sanitario gli atteggiamenti negativi degli operatori fanno sentire i pazienti in sovrappeso stigmatizzati” rendendoli “riluttanti ad accedere ai servizi sanitari, a eseguire gli screening per i tumori e danneggiando ulteriormente la loro salute”.

La ricerca evidenzia, inoltre, che le donne denigrate per il loro peso durante una visita specialistica “sono più propense a sviluppare disturbi del comportamento alimentare”.

L‘esperta di studi di genere Amy Erdman Farrell nel suo libro “Fat Shame” ha spiegato come il disprezzo culturale verso le donne grasse si sia diffuso prima che in ambito medico-scientifico si iniziasse a parlare della relazione tra peso e salute.

Soprattutto nell’ultimo decennio dell’Ottocento essere grassi divenne segno di ingordigia e voluttà. Il peso si fece emblema delle differenze di classe: le donne aristocratiche dovevano aspirare alla magrezza come espressione del loro status sociale.

La grassezza, invece, era associata alla classe media e all’essere fuori controllo.

Nella prima metà del Novecento, come sottolinea lo storico Hillel Schwartz, che ha ricostruito la storia dell’imaginario legato al grasso, furono introdotti i concetti di normopeso e sovrappeso, ed è proprio in quegli anni che si arrivò all’associazione tra magrezza e buona salute, e all’interiorizzazione da parte dei medici del sentimento anti-grasso.

Le donne italiane del Sud immigrate in America venivano considerate pericolose per la salute pubblica per via del loro adipe. Si arrivò alla messa a punto di un indice di massa corporea desiderabile che divenne criterio essenziale per escludere il sospetto di altre patologie durante le visite. I sentimenti negativi verso le donne grasse iniziarono ad essere avallati non solo da ragioni estetiche e sociali, ma anche da specifici criteri medico-scientifici. Tutt’oggi, il pregiudizio e lo stigma verso le persone in sovrappeso è giustificato spesso dal discorso paternalistico sulla loro salute, utilizzato per legittimare atteggiamenti di derisione e prevaricazione.

Come sottolinea la giornalista Alessandra Vescio nel suo libro “La salute è un diritto di genere” se l’interesse morboso verso le donne in sovrappeso fosse reale, queste avrebbero un accesso privilegiato alle cure anziché far fronte a una serie di discriminazioni quando hanno bisogno di aiuto medico.

Dagli studi emerge, inoltre, che il personale sanitario dedica meno tempo e attenzioni alle pazienti in sovrappeso ritenendole più “pigre, volitive e inette”.

Per proteggere la salute e il futuro delle donne è necessario abbattere lo stigma sul peso e intraprendere il percorso di una migliore formazione del personale medico, per cui a ogni persona che si sottopone a una visita sia garantita l’applicazione degli stessi protocolli di cura senza discriminazioni.

*Giornalista

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