Fondazione Marisa Bellisario

IL FUTURO DELLA GIUSTIZIA

di Paola Balducci*

Alla vigilia del voto ci si interroga sul futuro della Giustizia che nella legislatura che volge al termine è stata oggetto di un serrato dibattito politico soprattutto per quanto riguarda le risorse del PNRR. Le commissioni ministeriali, fortemente volute dalla Ministra Cartabia, non hanno potuto non tenerne conto considerata l’importanza della posta in gioco e la carenza di risorse in cui versano gli Uffici giudiziari nazionali. Resta da vedere se, come prevedibile, i decreti legislativi riusciranno a vedere la luce nella manciata di giorni che ci separa dalla nuova rappresentanza politica che verrà fuori dalle urne del 25 settembre.

Due riforme giunte alle battute finali, quella del processo civile e del processo penale, che puntano a ridurre in maniera netta i tempi della giustizia, come richiesto dall’Europa. Sulla carta i requisiti ci sono tutti, anche se resta da verificare se il nostro sistema sia allo stato pronto per accogliere le procedure di digitalizzazione introdotte in via emergenziale nel periodo della pandemia e quindi, di fatto, prive di quel periodo di implementazione necessario per consentire a tutti i fruitori un utilizzo agevole e senza difficoltà.

Accogliamo certamente con entusiasmo le novità introdotte dalla Ministra in tema di giustizia riparativa che consentirebbe al nostro sistema penale di aprirsi a un nuovo corso che sposta l’attenzione dal reo alla vittima in un’ottica prettamente riparativa che va oltre il mero risarcimento economico e che mira a porre l’autore del reato di fronte al male commesso attraverso azioni positive a favore della vittima e della società che possano guardare al futuro e ricostruire nel tempo ciò che si è spezzato con il compimento dell’azione criminosa.

Resta invece alta la preoccupazione per il carcere su cui la riforma del processo penale, di ampia progettualità, potrebbe incidere solo nel lungo periodo e che invece presenta problemi gravi ed urgenti. Dall’inizio dell’anno sono 59 i detenuti che si sono tolti la vita dietro le sbarre, alcuni dei quali in attesa di essere trasferiti in luoghi più adatti per le loro condizioni di salute. L’ultimo aveva solo 25 anni, è evidente, dunque, che non può attendersi oltre.

Eppure, la questione carceraria è la grande assente della campagna elettorale: tema da sempre trascurato in maniera pressoché trasversale, è oggi, complice il tempo ristretto, completamente scomparso da programmi e proclami. Lo stesso Garante nazionale per i detenuti è intervenuto per cercare, alla vigilia del voto, di sensibilizzare le forze politiche al cambiamento. Confidiamo che l’appello non resti inascoltato, non solo dai candidati ma dalla società tutta perché guardare al trattamento (e dunque alla rieducazione) dei detenuti vuol dire guardare al trattamento dei diritti e al futuro della collettività.

*Avvocato e Docente LUISS

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5 commenti su “IL FUTURO DELLA GIUSTIZIA”

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