Fondazione Marisa Bellisario

IL CAMMINO VERSO LA PARITÀ DELLE DONNE NELLA SCIENZA

di Antonella Polimeni*

Celebrare la Giornata dell’8 marzo rappresenta certamente un’occasione per ricordare l’importanza dell’impegno di donne e uomini a favore dei diritti delle donne e dell’emancipazione femminile, ma anche per riflettere su quanto ancora ci sia da fare quotidianamente su tematiche come il contrasto alle discriminazioni e alla violenza contro le donne, in ogni forma essa si manifesti, alla segregazione occupazionale nel mondo del lavoro, agli stereotipi di genere etc., ovvero su tutti quei fenomeni che ancora oggi sono purtroppo profondamente radicati nella nostra società.

Il tema della parità di genere ha acquisito nel corso degli ultimi anni sempre più rilevanza anche nel mondo accademico, entrando nel discorso pubblico e divenendo pian piano un argomento di interesse anche per le istituzioni. Ne è un chiaro esempio la scelta di far coincidere la conclusione della prima edizione della “Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche”, recentemente istituita con la Legge 187/2023 al fine di sensibilizzare e di stimolare l’interesse, la scelta e l’apprendimento di tali discipline da parte delle giovani generazioni, con la data dell’11 febbraio, giorno in cui si celebra dal 2015 la “Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza”.

Una scelta che sottolinea l’attenzione da parte dell’Istituzioni verso un tema così importante come quello della partecipazione delle ragazze alle discipline STEM. Questo tema richiede un impegno quotidiano di tutte e tutti affinché si possa invertire quel trend che vede questi ambiti di studio caratterizzati ancora oggi da una popolazione studentesca in maggioranza maschile, sebbene rapporti di ricerca e indagini sul sistema universitario nazionale registrino alcuni segnali positivi, seppur timidi, che ci lasciano ben sperare per il futuro. Sono infatti anche queste diseguaglianze di genere che rischiano di negare non solo quella equità delle condizioni di partenza che rappresenta la premessa necessaria per valorizzare il merito di ciascun individuo, ma anche la concretizzazione del principio delle “pari opportunità per pari capacità”, che ha guidato tutta la mia vita.

Può apparire banale affermare che le donne, al pari degli uomini, possano affrontare qualsiasi percorso di studi, professionale e di vita; ma ciò che invece sembra tutt’altro che scontato è constatare che le donne debbano ancora oggi faticare di più rispetto agli uomini, sebbene siano più brave, come dimostrano i dati: le ragazze, infatti, finché concorrono alla pari, ottengono negli studi migliori risultati rispetto ai ragazzi. Ed il quadro si fa ancor più complesso nel momento in cui, dopo aver concluso il proprio percorso di studi, si affronta il mondo del lavoro dove emergono nuovi fattori che rendono non poco difficile la “conciliazione” delle esigenze personali, lavorative e familiari, soprattutto se si è donne.

In questo contesto le università giocano un ruolo decisivo perché non solo costituiscono il livello più alto della formazione e aprono al mondo del lavoro qualificato, ma esse devono offrire l’opportunità di esprimere al meglio le proprie potenzialità, nel rispetto delle attitudini, passioni e aspirazioni personali, e di emanciparsi da ruoli molto spesso basati su stereotipi e pregiudizi, che hanno l’obiettivo di derubricare le donne ad alcune mansioni e di limitarle ad alcuni campi del sapere e della conoscenza. In conclusione, dunque, ritengo sia necessario operare insieme, uomini e donne, affinché si metta in atto quel cambiamento culturale che renda l’uguaglianza di genere “sostanziale” e non più una chimera da inseguire.

*Rettrice Sapienza Università di Roma

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