di Paola Angeletti*
Da diritto umano universalmente riconosciuto a obiettivo dell’Agenda 2030, l’equità di genere ha fatto molta strada, passando attraverso conquiste civili e politiche che hanno certamente segnato un’evoluzione, lenta ma costante, della condizione femminile.
Oggi, la promozione della parità di genere non è più solo un impegno etico, è un obiettivo strategico a livello mondiale per una crescita economica sostenibile ed equa, in cui possano prosperare benessere, pace e sicurezza per tutte le persone, non solo per le donne.
È, quindi, un parametro oggetto di attenzione e misurazione il cui pieno raggiungimento, tuttavia, è ancora lontano e principalmente per motivi culturali. Per quell’insieme di stereotipi, aspettative, convinzioni e convenzioni che hanno radici profonde e resistenza al cambiamento.
Ecco che il ruolo delle aziende può essere centrale e strategico nella creazione di un tessuto, lavorativo e sociale, libero da stereotipi e consapevole del valore della diversità in cui ogni persona condivida che un’impostazione sociale fondata su ruoli e stili di comportamento rigidi, non penalizza solo le donne, penalizza chiunque non si riconosca in quei codici, anche se uomo, e penalizza il benessere comune.
L’esperienza di Intesa Sanpaolo rispetto al raggiungimento di una piena di equità di genere, parte proprio dalla profonda convinzione che la condivisione di significati a livello collettivo assuma un ruolo cruciale nella costruzione di una nuova identità sociale.
E se da una parte sostiene l’importanza di intervenire con azioni più dirette e quantitative, dall’altra investe grande impegno anche nell’aspetto culturale, promuovendo il valore di costruire un nuovo scenario di equità anche attraverso l’uso delle parole e l’arte.
Stiamo lavorando alla realizzazione di “Parole di tutto rispetto”, una raccolta che si propone di fornire alla popolazione aziendale buone pratiche per comunicare in maniera accessibile e inclusiva in molti ambiti in cui si esprimono le nostre relazioni, quindi anche rispetto al genere.
La scelta di intervenire sul linguaggio e sull’uso delle immagini per rendere la comunicazione più ampia e rispettosa, consapevole degli stereotipi che può veicolare e più conforme alla realtà attuale, popolata da donne in ogni ambito e meno androcentrica, è un passo importante per il raggiungimento dell’equità di genere. La lingua, del resto, non è un mero orpello, è il centro della nostra vita, rispecchia e crea la realtà.
Un utilizzo più consapevole della comunicazione può diventare una strategia per imparare a riconoscere e contrastare pregiudizi e bias che, anche inconsapevolmente, possono influenzare il nostro comportamento e il nostro contesto.
E ancora. Abbiamo scelto di attivare dialogo, empatia ed esperienza su tutti i temi dell’inclusione, quindi anche sull’equità di genere, attraverso il linguaggio universale dell’arte, valorizzando il nostro patrimonio storico-artistico e le nostre sedi museali con visite esperienziali, talk, rubriche e sessioni di storytelling a beneficio della popolazione aziendale e oltre.
Tra le tante iniziative, cito il talk organizzato alle Gallerie d’Italia di Torino per riflettere, insieme a Maura Gancitano e Andrea Colamedici sull’origine degli stereotipi di genere, sul loro ruolo nella mitologia, nei film e nelle serie televisive e sull’effetto degli stessi nel modo in cui pensiamo e agiamo.
Per la popolazione aziendale, inoltre, stiamo progettando una linea formativa digitale volta a stimolare la lettura critica delle narrazioni mainstream, che possono veicolare stereotipi, e la conoscenza di tanta arte che ha contribuito a decostruirli.
Per celebrare questo 8 marzo, abbiamo scelto di dedicare alle persone del nostro Gruppo il videomessaggio di un’artista sul valore dell’alleanza tra tutti gli individui per il raggiungimento dell’equità di genere: per condividere, anche attraverso la forza della comunicazione artistica e dell’audiovisivo, l’importanza di imparare a riconoscere gli stereotipi e le dinamiche che ci vorrebbero vittime delle nostre stesse regole e costruire, insieme, una società più equa popolata non da modelli preconfezionati ma da persone libere.
Riteniamo importante anche continuare a celebrare l’8 marzo. Per non rischiare di lasciar morire le faticose conquiste che rappresenta (“nessuna vittoria è definitiva”, ci ammoniva Tina Anselmi, prima ministra donna) e per tenere vive le coscienze fino a che non vi sarà un tempo in cui ogni progresso sarà irreversibile e ogni diritto tutelato.
Non per ciascuna donna, né per tutte le donne insieme. Ma per l’intera umanità.
*Chief Operating Officer Intesa Sanpaolo