Fondazione Marisa Bellisario

GENDER PAIN GAP, QUANDO IL PREGIUDIZIO SULLE DONNE IMPEDISCE L’ACCESSO ALLE CURE

di Giulia Catricalà*

Che sia stata proprio Anna O., la celebre paziente di Breuer apparentemente affetta da isteria, a dar vita a una lunga tradizione di patologie femminili sottostimate dai medici?

Siamo nella Vienna del 1890 e Bertha Pappenheim, cui sarà attribuito il nome letterario di Anna O, è una brillante giornalista che si dedica con tempra e vitalità ai temi dell’emancipazione femminile quando inizia a manifestare sintomi invalidanti come la paralisi del collo, una parziale cecità e altri disturbi tra cui sonnambulismo e allucinazioni.

Si affida così alle cure innovative dello psichiatra Josef Breuer che cerca di alleviare la sua condizione con numerose sedute di ipnosi. Del suo caso si interesserà anche Freud ritenendola affetta da isteria e dando il via ai noti studi sulla psicoanalisi.

Le tracce della complessa storia clinica di Anna O. tendono a diradarsi negli anni, ma possiamo dire con certezza che la giovane donna ebbe gravi ricadute e dovette ricorrere a massicce dosi di morfina per gestire i suoi sintomi. Quale fosse la reale patologia di Anna O. resta un mistero, visto che il termine isteria è considerato ormai obsoleto, non figurando neppure nella più recente edizione del manuale dei disturbi mentali, il DSM-5.

Tuttavia la narrazione a tratti mitica e leggendaria del suo caso, tramandata con stigma nei contesti accademici e scientifici, è riuscita a impregnare la cultura medica di miscredenze sulle donne e a costruire un muro invalicabile di ignoranza su svariate patologie in rosa ritenute per anni psicosomatiche e diagnosticate tutt’oggi con decenni di ritardo ed elevatissimi costi sociali. Non ha certamente aiutato l’etimologia della parola isteria, che deriva dal greco Hysteron e significa utero, corroborando nel tempo la convinzione di uno stretto rapporto tra nevrosi e genere femminile. Si parla infatti di Gender Pain Gap per indicare quel fenomeno per cui il dolore fisico, quando riferito dalle donne ai professionisti del settore sanitario, viene sottostimato e non trattato adeguatamente a causa di un tenace pregiudizio legato al genere che interessa tutti gli addetti ai lavori del mondo-salute. I sintomi riferiti dagli uomini sono considerati, invece, credibili e degni di essere indagati ulteriormente. Da un sondaggio del 2020 sull’endometriosi, malattia cronica invalidante, è emerso che lamentare dolore ginecologico ha contribuito a diagnosi errate nella metà dei casi. Altre ricerche hanno evidenziato che una donna ha maggiore probabilità rispetto a un uomo di vedersi prescrivere un ansiolitico piuttosto che un analgesico.

Proprio negli ospedali vige infatti un sistema di valori maschilistici di stampo ottocentesco e il Gender Pain Gap, che rientra a pieno titolo nella violenza di genere, risulta essere all’ordine del giorno, insieme al Gaslighting, quel fenomeno di manipolazione psicologica per cui un individuo viene fatto dubitare della sua stessa percezione e memoria. Il dolore è già, di per sé, un’esperienza cognitiva difficilmente afferrabile e oggettivabile nella precarietà di ogni definizione, la circostanza che non venga ritenuto reale e scatenato da cause organiche aggrava notevolmente la condizione delle pazienti e impedisce l’accesso alle cure. Basti pensare alla fibromialgia, alle patologie autoimmuni e, come si accennava sopra, all’endometriosi. Per quanto riguarda quest’ultima, il cui sintomo più caratteristico è proprio il dolore avvertito durante le mestruazioni, si stima un ritardo diagnostico di 8/9 anni. Questa malattia, se non trattata in tempo, porta spesso a ospedalizzazioni e interventi di chirurgia invasivi. In una ricerca del 2014 condotta dalla sociologa Janet Armentor sulla fibromialgia è emerso che tutte le pazienti percepivano angoscia per non essere credute ed essere accusate dagli specialisti di fingere i loro sintomi o di stare esagerando. Nella quasi totalità dei casi le intervistate hanno riferito di aver sofferto per i giudizi, il sospetto e lo scetticismo dei medici prima di arrivare alla diagnosi.

Nonostante l’importante progresso scientifico degli ultimi decenni e il proliferare delle giovani attiviste che divulgano sui social le loro storie di invisibilizzazione, il mondo della medicina non riesce ancora a svincolarsi dal pregiudizio sulle donne.

*Giornalista

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5 commenti su “GENDER PAIN GAP, QUANDO IL PREGIUDIZIO SULLE DONNE IMPEDISCE L’ACCESSO ALLE CURE”

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