Fondazione Marisa Bellisario

COMBATTERE LA DISUGUAGLIANZA È POSSIBILE?

di Anna Rita Germani*

La diseguaglianza è il grande problema che viviamo oggi e che sta pericolosamente diventando la normalità che caratterizza le nostre società. Elevati livelli di disuguaglianza sono correlati con un’elevata instabilità economica e finanziaria, alti livelli di corruzione e criminalità, minore salute fisica e mentale (Stiglitz, 2016). A gennaio 2024, per la prima volta, la Banca d’Italia ha pubblicato le nuove statistiche sperimentali trimestrali sui conti distributivi della ricchezza delle famiglie italiane in contemporanea con l’uscita dei dati sull’area dell’euro prodotti dalla Banca Centrale Europea (Distributional Wealth Accounts, DWA). Si tratta di una pubblicazione importante, perché questi dati possono essere confrontati con i dati raccolti negli altri Paesi europei, per capire come ci posizioniamo nel ranking europeo della concentrazione della ricchezza delle famiglie e quindi della disuguaglianza. Il primo dato che emerge è che in Italia il 5% delle famiglie più ricche possiede circa il 46% della ricchezza netta totale, contro il 50% della popolazione più povera che ne detiene solo il 7,6%. Da sottolineare che i dati non considerano il reddito generato dall’evasione fiscale di massa (stimata superiore ai 100 miliardi di euro all’anno) che in Italia rimane un problema preoccupante.

Il nostro Paese occupa da tempo le ultime posizioni tra i Paesi dell’UE attestandosi tra i più disuguali nella distribuzione dei redditi: i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Questo non è un trend solo italiano ma ormai si conferma una tendenza mondiale. Il nuovo Rapporto Oxfam (Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi), diffuso qualche settimana fa in occasione dell’apertura del World Economic Forum di Davos, mostra come le disuguaglianze generate a livello globale siano figlie di un modello di sviluppo economico profondamente sbagliato che mina la coesione sociale e crea ingiustificate disparità nella distribuzione di risorse e potere. Dal 2020 i cinque uomini più ricchi al mondo (Elon Musk, Bernard Arnault, Jeff Bezos, Larry Ellison e Warren Buffett) hanno più che raddoppiato, in termini reali, i propri patrimoni. Al contrario, i redditi dei 5 miliardi di persone più povere non sono cresciuti affatto.

Nel Rapporto si legge che in tanti settori economici, da quello dei microchip alla farmaceutica, dalla finanza all’agricoltura “viviamo in un’era di immenso potere monopolistico, che consente alle grandi corporation di controllare i mercati” e di “stabilire le regole del gioco”. Oxfam, utilizzando i dati della World Benchmarking Alliance, chiama in causa le responsabilità delle multinazionali per aver aumentato la crescita del lavoro povero: tre le 1.600 più grandi aziende del mondo, solo lo 0,4% di esse è pubblicamente impegnato a corrispondere ai propri lavoratori un salario dignitoso. In molti casi le più penalizzate sono le donne.

Esiste una via d’uscita? Sì, ma le soluzioni non sono così semplici. Nelle varie proposte di Oxfam si parla di una Global Minimum Tax del 15% sui patrimoni delle imprese di grandi dimensioni che consentirebbe un incremento sostanziale delle risorse disponibili per le politiche di redistribuzione del reddito.  Una cosa è certa: qualsiasi nuova policy richiede un nuovo contratto sociale che ridefinisca la partnership tra governo e imprese, e incoraggi, anche per via normativa, il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità sociale ed economica.

*Professoressa Sapienza Università di Roma

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