di Laura Luigia Martini*
I dispositivi IoT, e tutta quella miriade di sensori e tecnologie elettroniche che stanno supportando la trasformazione digitale degli ultimi anni, hanno determinato la produzione di un’enorme mole di dati, trend peraltro non solo in crescita, ma in continua accelerazione, sia in termini di volumi che di granularità. Per poter far fronte a un tale fenomeno le imprese dovranno potenziare in maniera continuativa tutte le proprie infrastrutture di Business Analytics e Big Data, quegli strumenti di raccolta, gestione ed elaborazione di grandi quantità di dati che solo parzialmente sono amministrabili in maniera profittevole dalla mente umana. Sempre per lo stesso motivo abbiamo di recente assistito allo sviluppo fulmineo della più potente delle tecnologie associate ai dati, ovvero l’Intelligenza Artificiale (AI), che ha completamente modificato il paradigma in relazione alla valutazione e all’elaborazione di informazioni complesse in numerosi formati. L’AI introduce di fatto la possibilità di normalizzare e convertire i dati, di valutare quelli mancanti o incongruenti, è in grado di modificarne i formati, inclusa la strutturazione per algoritmi di machine learning e analisi statistiche, è dotata di tecniche di riconoscimento di pattern, raggruppa e fa modellazione predittiva fino a consentire di prendere decisioni data-driven grazie all’analisi approfondita delle correlazioni e molto altro. E siamo solo all’inizio di una nuova fase storica caratterizzata da una grande discontinuità non solo tecnologica, una rivoluzione che in qualche misura toccherà ogni remoto angolo della nostra vita, un vero e proprio progresso epocale.
Con l’introduzione dell’AI, tra i settori a maggior impatto per l’impresa dobbiamo annoverare certamente l’Operations Management (OM), ovvero tutto ciò che attiene, nell’ambito della produzione di beni e servizi, alla progettazione sistematica e al controllo nonché al miglioramento continuo e alla gestione di quei processi che trasformano un input in un output, perseguendo e valorizzando l’efficienza nell’utilizzo delle risorse. L’AI può significativamente migliorare tale gestione in svariati modi, tra i quali l’Automazione dei Processi aziendali ripetitivi, cosicché il personale possa concentrarsi su compiti a maggior valore, l’Analisi Predittiva, che in virtù della capacità di elaborazione dei dati consenta alle imprese di prevedere tendenze e comportamenti futuri e di migliorare la pianificazione strategica dei flussi, l’Efficienza Operativa, che può trovare grande giovamento dall’applicazione dell’AI per la connaturata semplificazione dei processi e riduzione degli errori con conseguente aumento della produttività. Esiste inoltre l’opportunità di incorporare l’AI nei sistemi ERP (Enterprise Resource Planning), con la conseguente possibilità per l’azienda di sfruttare questi vantaggi in un’unica piattaforma integrata, migliorando in tal modo l’intera gestione operativa. Lo stesso discorso potrebbe ripetersi per il Supply Chain Management, parente stretto dell’OM. Mentre infatti le Operations si focalizzano sull’efficienza e sull’efficacia dei processi interni all’azienda, la Supply Chain estende questa gestione ai rapporti con fornitori e clienti, consentendo di ottimizzare l’intera catena di fornitura.
L’impiego dell’AI in settori industriali complessi è tuttavia materia molto critica, che non può prescindere da considerazioni etiche anche sul piano della Strategia e della Governance, indipendentemente dalle politiche ESG già adottate dalle imprese come fattori di valorizzazione dei comportamenti e del rispetto dei principi. Inoltre, per implementare con successo una tecnologia tanto rivoluzionaria e renderla parte integrante dei processi produttivi, i dipendenti dell’impresa devono esserne formati all’utilizzo, è necessario disporre di infrastrutture adeguate, devono essere monitorate le cosiddette “allucinazioni”, ovvero errate interpretazioni dei dati da parte di quell’AI che tipicamente utilizza tecniche di Deep Learning (apprendimento basato su reti neurali artificiali stratificate) e va garantita la sicurezza informatica dei dati gestiti, soprattutto di quelli sensibili che vengono a contatto con all’AI Generativa, tant’è che l’Unione Europea si è attivata da tempo per prioritizzare varie fasce di rischio con l’EU AI Act.
In sintesi, risulta chiaro che, con l’implementazione dell’AI in ambiti strategici come l’OM, le imprese vedranno accrescere la propria produttività, al punto che, come evidenzia McKinsey, il potenziale economico derivante dall’introduzione dell’AI in diversi settori industriali raggiungerà cifre annue molto elevate, contribuendo così all’economia globale nel lungo periodo. E per restare sul mercato le aziende non potranno esimersi da questo cambiamento, un cambiamento che avrà profonde ripercussioni in ogni settore dell’impresa, che andrà appropriatamente governato da menti preparate a farlo e che implicherà un’importante rivisitazione delle professionalità richieste dal mercato.
Tutto ciò avrà un costo ragguardevole, motivo per il quale Emma Marcegaglia, Chair B7, a latere del piano economico presentato dalle Confindustrie unite di Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti al G7, auspica “una convergenza su industria, intelligenza artificiale e ambiente, con una vera alleanza pubblico-privato per ridurre i troppi divari di competitività e rilanciare la crescita dei Paesi occidentali”.
In special modo per le piccole e medie imprese (PMI) sarà fondamentale avere accesso ai vantaggi derivanti dall’adozione diffusa dell’AI, e non solo per rimanere competitivi, ma talvolta per sopravvivere. Questo è tipicamente uno dei contesti in cui i Fondi di Private Equity potranno decidere di intervenire se reputeranno conveniente farlo, sostenendo l’integrazione dell’AI a vantaggio dell’innovazione e della crescita di queste aziende e supportandole altresì nell’affrontare la sfida dell’evoluzione del mercato del lavoro. Alternativamente il Fondo potrebbe inserire l’azienda target in un pool di piccole medie imprese già in portafoglio che possano beneficiare delle reciproche sinergie a livello operativo.
La strada è dunque tracciata, è irreversibile e non semplice. Ma, come era solito dire Steve Jobs: “Sono convinto che circa la metà di ciò che separa gli imprenditori di successo da chi non ha successo sia solamente la perseveranza”. E allora… non ci resta che perseverare!
*Nuclear Engineer, SDA Bocconi fellow
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