Fondazione Marisa Bellisario

UN PATTO PER LA NATALITÀ

Partiamo dai dati, apocalittici. Nel 2021 per la prima volta da sempre il numero dei nuovi nati è sceso sotto i 400mila e se la propensione a far figli dovesse rimanere invariata – la più bassa in Europa – nel 2050 le nascite annue potrebbero scendere a 298mila: il livello minimo di ricambio generazionale per salvare il Paese è di 500mila nati l’anno. Con questo trend, nel 2050 la caduta del numero di abitanti sarebbe nell’ordine dei 5 milioni – nell’ipotesi più ottimistica, ma potrebbe arrivare anche a 8 milioni – e soltanto un italiano su due sarà in età da lavoro e dovrà provvedere al mantenimento e alla formazione del 16% di ragazzi e all’accudimento del 34% di pensionati.

Numeri apocalittici, appunto. «Non vedere il problema della denatalità è un atteggiamento miope, è rinunciare a vedere lontano, a guardare avanti» dice Papa Francesco nel messaggio agli Stati Generali della Natalità e con lui il Presidente Mattarella che, come sempre, ha il merito di indicare anche con chiarezza le cause e la direzione. Perché è innegabile che tra i motivi prioritari di questo calo vertiginoso ci sia ancora, e sempre, una parità proclamata ma non vissuta. «Non è il lavoro ad allontanare dalla parità bensì le carenze a supporto della stessa» dice il Capo dello Stato che ribadisce come non possa esserci «opposizione tra impegno professionale, attività lavorativa e scelta di maternità». Un’utopia nell’Italia di oggi, dove una madre su cinque lascia il lavoro all’arrivo di un figlio, ben sapendo che faticherà a ritrovarlo. Dove il tasso di disoccupazione femminile delle 25-34enni è il più alto d’Europa, così come schiacciante è il ricorso al part time. Porre una donna davanti alla scelta tra seguire le proprie ambizioni professionali e diventare madri è un “ricatto” fuori dal tempo ed è all’origine dell’insostenibilità del nostro sistema Paese. Eppure, abbiamo discusso per giorni delle dichiarazioni di un’imprenditrice secondo cui un donna in età fertile non risponde ai canoni di produttività h24 di un’azienda che vuole competere sui mercati… Possiamo pensare che sia un caso isolato di idiozia al comando o chiederci dove vogliamo andare realmente!

Il Professor Rosina, giustamente, sottolinea come lo stesso Pnrr non metta la transizione demografica tra le sfide strategiche che caratterizzano il nostro Paese. Vuol dire che l’Italia non ha un piano per contenere gli squilibri demografici con obiettivi predefiniti da monitorare: aspettiamo i rapporti dell’Istat, lanciamo l’allarme e poi tutto scorre, verso il tracollo del nostro sistema pensionistico, sanitario, di welfare, economico tout court. Questo governo, è vero, sta provando a invertire la rotta. Nel Family Act – da poco diventato legge, grazie all’impegno della Ministra Bonetti – oltre a politiche attive e di integrazione, si prevedono 20 miliardi per sostenere la genitorialità e l’assegno unico universale e si sono investiti quasi 5 miliardi su nidi e infanzia, con l’obiettivo di passare dall’attuale copertura del 26,6% (ancora lontani dal 33% previsto 17 anni fa dall’Europa) al 44% entro la fine del 2025 (Spagna e Francia hanno già superato il 40% nel 2020). E finalmente, dopo anni di incertezze e resistenze, anche l’Italia si è adeguata alla normativa europea sul congedo di paternità, rendendolo strutturale per tutti i lavoratori dipendenti. Ma si tratta pur sempre di 10 giorni che impallidiscono di fronte ai 25 giorni della Francia, i 112 della Spagna e i 480 della Svezia (senza contare che i dati Inps indicano che negli ultimi sei anni ne ha usufruito solo il 20% dei neopapà). Basteranno queste misure? È solo una questione di soldi e sostegno o c’è di più?

Il Presidente del Forum delle Associazioni familiari propone di dotare l’Italia di un Commissario per la natalità, come già avviene in Europa, indicando la Ministra alla Famiglia ma «con un portafoglio» e «poteri straordinari». È un primo passo ma il punto è che la natalità non può restare una “questione di Stato”. Certamente è dalle istituzioni – e non solo da quelle centrali – che deve partire un messaggio di cambiamento ma poi serve la consapevolezza e la concreta collaborazione di tutti. Partendo da un concetto chiaro e incontrovertibile, che deve radicarsi nella cultura del Paese: la maternità non è un “costo” per le imprese né un “peso” per le famiglie e non riguarda solo le donne ma è un valore sociale da proteggere.

Quindi, più asili nido, scuole aperte fino a sera e tutto l’anno, sostegno economico alle famiglie ma anche e soprattutto la visione diversa e moderna di una genitorialità condivisa, dentro la famiglia, la società, le imprese. E poi la forza dell’esempio. Servono storie, role model a tutti i livelli e in tutti gli ambiti che dimostrino che si può fare: si può essere madre – e come tale sempre imperfetta! – e manager, ricercatrice, medico, persino astronauta, come dimostra la bella storia di Samantha Cristoforetti. Perché finche continueremo a stupirci che una donna lasci due figli piccoli al papà per andare in missione spaziale, non ci saranno asili che bastino!

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6 commenti su “UN PATTO PER LA NATALITÀ”

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