di Teresa Fornaro*
Dopo un anno di esplorazione del fondo del cratere Jezero, il sito di un antico lago in un lontano passato su Marte, il rover Perseverance della Nasa è arrivato di fronte al delta del fiume che un tempo si riversava nel lago, un deposito di sedimenti a forma di ventaglio che potrebbe aver ben preservato tracce di vita passata.
Durante la sua prima campagna di esplorazione, il rover ha raccolto otto campioni di rocce che ci raccontano di un passato (miliardi di anni fa) caratterizzato da intensa attività vulcanica e presenza di acqua liquida. Tali rocce, una volta analizzate sulla Terra, ci permetteranno di ricostruire la linea del tempo degli eventi che hanno modellato questo cratere, inclusi la formazione e poi scomparsa del lago nel cratere.
È possibile che in un tale ambiente acquoso si siano sviluppati microorganismi? Speriamo di rispondere a questa domanda attraverso l’analisi e il campionamento di rocce sul delta dell’antico fiume. La grande sfida che Perseverance ha davanti a sé è proprio di riconoscere questi possibili fossili nonostante abbiano subito miliardi di anni di degradazione.
Come participating scientist, selezionata proprio per aiutare a rivelare biofirme molecolari di vita estinta, sarò impegnata nei prossimi mesi ad analizzare i dati dello strumento SHERLOC, che si trova sul braccio robotico del rover, alla ricerca di firme spettrali diagnostiche di possibili organici. SHERLOC usa una camera, spettrometri e un laser per cercare organici e minerali che potrebbero essere segni di vita passata microbica, ed è assistito da WATSON, una camera a colori per prendere immagini a distanza ravvicinata di grani di rocce e strutture superficiali. I dati che questi strumenti ci mandano possono contenere importanti indizi per la ricerca della vita su Marte.
In parallelo, nel Laboratorio di astrobiologia dell’Osservatorio astrofisico dell’Inaf di Arcetri, a Firenze, effettueremo esperimenti di simulazione dell’ambiente marziano per aiutare l’interpretazione dei dati forniti dal rover, soprattutto per provare a distinguere se tali organici sono di natura biologica oppure no.
Per la conferma definitiva della presenza di biofirme, dovremo però aspettare il ritorno dei campioni sulla Terra e l’analisi dettagliata nei laboratori terrestri, dove potremo utilizzare strumentazioni molto più sofisticate e sensibili rispetto a quelle miniaturizzate che possono essere mandate nello spazio a bordo di un rover.
Il ritorno dei campioni sulla Terra avverrà attraverso una serie di missioni successive a quella di Perseverance, in collaborazione tra NASA e ESA. In particolare, nel 2026 sarà lanciato un altro rover, un lander, un razzo, e una sonda orbitante. Il nuovo rover sarà dotato di un braccio meccanico, prodotto in Italia, in grado di raccogliere con una pinza i tubi contenenti i campioni marziani prelevati da Perseverance, che saranno così posti all’interno di un contenitore all’interno del razzo che li lancerà in orbita marziana, dove saranno catturati dalla sonda orbitante che poi provvederà al viaggio di ritorno verso la Terra nel 2031.
*Ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) di Arcetri
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