di Nicoletta Ferrari*
Nell’agosto 2021, l’Italia si è dotata per la prima volta di una Strategia nazionale che, operando sulle direttive di lavoro, reddito, competenze , tempo e potere dovrebbe portare un sostanziale progresso nel Paese nella parità di genere nell’arco temporale di un quinquennio. Un piano di così ampio respiro necessita, per non rimanere su carta, di una condivisione, di un’attuazione e di un monitoraggio su larga scala. È lo stesso documento a prevedere gli attuatori e controllori della Strategia.
Suscita non poca perplessità che tra i soggetti elencati nel Piano, non risultino espressamente menzionate né le Commissioni pari opportunità che, giova ricordare, una specifica normativa istituisce a livello nazionale e provinciale, nè i Comitati pari opportunità degli ordini professionali. Questo, a differenza della Rete delle consigliere di parità e dei comitati unici di garanzia, direttamente coinvolti.
La circostanza merita sicuramente una riflessione sia su un piano sia formale sia sostanziale.
Non vi è dubbio che le Commissioni pari opportunità pecchino di una scarsa rappresentanza a livello nazionale e che non riescano a far valere il ruolo autonomo rispetto all’Ente di riferimento, sia esso la Regione o la Provincia. Provocatoriamente si può del resto anche affermare che difettino di un chiaro riconoscimento non solo a livello politico locale ma anche di cittadinanza, forse per la genericità dei poteri loro attribuiti, per la dipendenza della loro operatività dall’Assessore di riferimento e perché viste superficialmente ed erroneamente come presidio di un femminismo considerato obsoleto. Del resto anche le singole Commissioni lavorano al di fuori di un chiaro quadro strategico nazionale di riferimento, limitandosi alle iniziative che i propri budget esigui o inesistenti consentono e non riescono a essere appetibili per componenti maschili.
Eppure, la Rete delle Commissioni e dei Comitati Pari opportunità costituisce un unicum per la professionalità dei suoi componenti, espressione trasversale del mondo economico, professionale ed associativo e rappresenta una struttura potenzialmente capace di veicolare gli interventi previsti dalla Strategia, al pari della Rete di Consigliere di parità e dei Comitati Unici di Garanzia il cui ambito operativo sarebbe quello lavorativo.
Si auspica quindi che la Ministra Elena Bonetti decida di dare nuova linfa a questa Rete, magari creando un organo di raccordo e una rappresentanza delle Commissioni e Comitati Pari Opportunità a livello nazionale, che ben potrebbe essere individuato in quell’Authority già oggetto di una proposta di legge da parte di Lella Golfo, o quantomeno li coinvolga nella istituenda Cabina di regia, prevista dall’ultima Legge di bilancio.
Sarebbe sicuramente un ulteriore strumento per rendere operativa quella rivoluzione strutturale auspicata per un rinnovato benessere del Paese e dei suoi cittadini e comunque una prova tangibile della volontà di un reale cambiamento verso una auspicata parità.
*Avvocata e Vice Presidente Commissione per la realizzazione delle pari opportunità tra uomo e donna della Regione Veneto
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