Fondazione Marisa Bellisario

FORMAZIONE E LAVORO: RESPONSABILITÀ ECONOMICA O SOCIALE?

di Benedetta Cosmi*

Nella forza dei legami tra diverse conoscenze risiede la potenza del Capitale umano, dei Sistemi, delle imprese. La scuola assume responsabilità economiche, perché può contribuire significativamente al PIL di uno Stato; responsabilità sociali, perché promuove il benessere della vita, di tutti, come il rispetto per l’ambiente. È contro gli sprechi, di cui il più imperdonabile resta quello dei “talenti”, come ha detto celebrando la messa in una parrocchia della sua diocesi, il vescovo di Milano, Mario Delpini. «Nessuno sia una lampada spenta». Quindi, “risparmiarci” non è più una virtù, potremmo dire lanciando uno sguardo a Don Milani. E pensando ai suoi ragazzi, di ieri, di oggi. Quelli della dispersione scolastica, degli abbandoni, prima e durante la DAD, degli acronimi che dicono tutto e dicono niente. Chi sono i “Neet”? al di là del fatto che “né studiano né lavorano”, chi sono e che fanno? Che idea abbiamo di loro e che idea hanno loro di se stessi? E soprattutto che idea hanno del proprio Paese? Suppliscono il welfare, assistendo i propri cari? Come ammazzano i giorni? Sperimentano una passione? Magari proprio il talento, fuori dai circuiti, dai percorsi “regolari”? O cadono prima che noi ci accorgiamo dell’idea, in un Paese che ha avuto il genio di Leonardo? Vogliamo distinguerne le cause! Indebolirebbe la ormai forte immagine dei “due milioni di giovani” che da dodici anni accompagna i racconti, come fiori sui davanzali ci abbelliscono certi discorsi. Le politiche più idonee si trovano annaffiando i vivai dei Paesi anziani. Senza ucciderli sotto la pioggia acida di cattivo assistenzialismo. Ce n’è uno buono? Forse, quello che accompagna, orienta, si prende cura, accende la speranza di farcela da soli.

Perché esistono delle risposte italiane: collegano mondi, innovano la formazione, occupano. Sono in buona parte gli Istituti Tecnici Superiori (ITS). Il cui corpo docente proviene almeno al 50% dal mondo del lavoro e lo studente svolge l’apprendistato in azienda, al termine ha la certificazione delle competenze: V livello del Quadro europeo delle qualifiche.

Oggi parliamo degli “Istituti superiori per le Industrie artistiche” che invece rientrano sotto il Ministero dell’Università, e si distinguono anche dalle Accademie delle Belle Arti oltre che dal modello universitario tradizionale. È notizia recente il nuovo Accreditamento MIUR in Umbria, regione che completa il panorama formativo ministeriale. Nasce la terza I.S.I.A. in Italia: Istituto Italiano Design che si affianca alle sole cinque pubbliche. Se consideriamo che le Regioni sono 20, l’esiguo numero di offerta fa riflettere sullo Stato dell’arte, “tra ideologia e investimenti”.

Nel Veneto, nel Sandonatese, si apprestano a creare invece un’Academy. Come da anni accade negli altri Paesi, ad esempio in Germania dove le aziende sono dotate di una scuola interna, avendo capito l’investimento sociale e il ritorno anche Confindustria ha siglato accordi con lo scopo di rispondere al fabbisogno: “coprire le parecchie posizioni aperte per meccanici, alesatori, tornitori”. A oggi – denunciano – sono stati costretti a rubarsi i dipendenti.

*Giornalista e scrittrice

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7 commenti su “FORMAZIONE E LAVORO: RESPONSABILITÀ ECONOMICA O SOCIALE?”

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