di Benedetta Cosmi*
Era il 1973 quando con il Contratto Collettivo Nazionale si istituivano le 150 ore: l’Italia dei lavoratori studenti. Possiamo considerare persino ribaltata la situazione, nel tempo, a tal punto che sono cambiate le proporzioni tra le cose: è servito introdurre 150 ore di «alternanza scuola lavoro» per gli studenti degli istituti tecnici (in numero inferiore anche 90 ore per i Licei).
Cosa resta dei tantissimi, troppi, indirizzi di studio, nei serali? Non vorrei fossero considerati come un calderone, dove va chi non ce l’ha fatta in quella scuola tradizionale che chiamiamo solo scuola. C’è la scuola e c’è il serale, dove quest’ultimo fa saltare, in un colpo solo, i principali riti stanchi caratterizzati dal suono della campanella poco dopo le 8. Si tratta a tutti gli effetti di formazione degli adulti, infatti spesse volte gli studenti hanno la maggiore età. Probabilmente più scuole serali potrebbero attirare studenti quando maturano una nuova consapevolezza. Molti studenti non riescono ad andare a scuola durante il giorno per vari motivi, come carichi e impegni familiari. È necessario un miglior confronto con questo mondo che porta maggior interesse verso l’educazione e la cultura in Italia. Il serale rappresenta una grande opportunità per la formazione degli adulti, e dovrebbe essere previsto su tutti gli indirizzi scolastici, secondo uno degli studenti dell’ISS Santa Caterina Siena-Amendola. Ad esempio, le lezioni online possono essere una soluzione per quegli studenti che non possono frequentare, ma il mondo fisico non deve sembrare rinunciatario, dietro ragioni economiche, e, per inerzia, rispetto alle domande che anche il sindacato fa. Non è vero che è arroccato su posizioni arretrate di difesa, anzi è cosciente che non si debba delegare tutto, a una vita online: rapporti, conoscenza, accesso.
Conosciamoli meglio gli studenti dei serali e resteremo sorpresi. Il ministro Valditara, dopo un recente confronto mi sento di credere, direbbe che sono esempi di “merito” (a cui pensa il suo ministero). Allora investiamo su di loro: hanno storie, età, provenienze diverse. Entrano al tramonto, in classi come quelle di Jhoy, una ragazza già diplomata nel suo paese d’origine, le Filippine. Marika invece è belga e frequenta l’accademia per estetista e di sera la scuola con Domenico e Matteo, il quale è già diplomato al Liceo Artistico, anche Arbin lo aveva iniziato. Da diversi anni lavora come tatuatore, dopo aver lasciato gli studi. Sono loro e l’insegnante a farmi notare che c’è poca offerta. Uno degli studenti ha detto: «ogni indirizzo dovrebbe avere il serale», «invece si può scegliere sempre tra i soliti due, tre». Ha 25 anni il nostro diplomato al Liceo artistico che intende rafforzare il proprio percorso aggiungendo «amministrazione». I serali sono gli anticorpi alla dispersione e le profezie si auto-avverano quindi attenzione a come li pensiamo. Marika ha 17 anni invece e le chiediamo: «perché studi contemporaneamente in due scuole?». «Una è per la mia professione, l’altra, per cultura personale». Che è di più di cultura generale.
*Scrittrice, opinionista Corriere della sera