Fondazione Marisa Bellisario

L’ECONOMIA DELLA BELLEZZA

a cura di Cinzia Sasso*

Economia e bellezza. Due sostantivi che si fatica a immaginare che possano stare insieme.

La prima è una parola che rimanda ai bisogni materiali. È arida, concreta, interessata. Evoca i numeri

La seconda è poetica, astratta, appassionante. Evoca l’immaginazione.

Eppure, la fortuna del nostro meraviglioso Paese è che queste due parole, qui, possono essere coniugate insieme.

A partire dal turismo, dalla cultura, dalla moda, è proprio la coniugazione di queste due parole a far girare l’economia, a garantire posti di lavoro a generare ricchezza.

L’economia della bellezza potrebbe essere il titolo di un progetto per l’Italia, non solo di un incontro tra di noi. Perché il settore della bellezza – ora di nuovo, dopo i due anni di pandemia che hanno fermato il mondo – sta tornando a essere uno dei principali motori dell’economia italiana.

Quello che c’è ancora, e solo qui in Italia, è la filiera completa che ruota intorno all’economia della bellezza. Guardiamo il settore della moda: ci sono i produttori di tessuti; i geni creativi che con i loro marchi hanno colonizzato il mondo; gli artigiani che interpretano con il lavoro delle loro mani le idee dei geni creativi (quelli che una volta chiamavamo “gli stilisti”). Ma la moda non è un compartimento stagno, un settore a sé stante. «La nostra moda – ha detto il ministro della cultura Franceschini – è parte dell’arte italiana contemporanea. Al suo interno ci sono secoli di bellezza entrati nel nostro DNA, di cultura, di conoscenza dei mestieri e di saperi tramandati».

La bellezza intesa come codice di valori tra tradizione e innovazione, come concetto in continua evoluzione, fortemente influenzato dalla componente sociale e ambientale: oggi il bello può essere un fattore distintivo per le imprese nel momento in cui interpretano e mettono in primo piano le istanze dei propri stakeholder. Misurare la bellezza sembra un po’ come cercare il colore della felicità ma analizzando i flussi e i meccanismi economici generati dal patrimonio artistico, paesaggistico e manifatturiero italiano, è stato stimato che la ricaduta economica del “bello” nel 2021 sia valsa il 15,7% del Pil italiano.

A Bologna discutaimo di questo, della grandezza e della concretezza della bellezza italiana ma anche dei problemi: mancanza di manodopera specializzata, abbandono delle tradizioni, rincari delle filiere produttive, incapacità di fare sistema.

E c’è spazio anche per parlare della bellezza intesa come estetica della persona. C’è un modello unico al quale le persone vogliono ispirarsi? C’è una “dittatura” delle regole estetiche? L’ambizione è raggiungere prototipi imposti dall’industria, promossi dalla propaganda e interpretati da influencer?

E a proposito di economia e bellezza, sabato e domenica ci sono 100 luoghi in tutta Italia dove nasce la bellezza della moda aperte alle visite libere e gratuite del pubblico? Bisogna solo prenotarsi su www.apritimoda.it

*Giornalista

3 commenti su “L’ECONOMIA DELLA BELLEZZA”

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