Fondazione Marisa Bellisario

GRAZIE!

Il discorso di Lella Golfo durante la cerimonia di consegna della Laurea Honoris Causa

 È inevitabile, in passaggi così significativi della vita, ripercorrere il proprio passato. E se penso alle persone, agli incontri, alle scelte che mi hanno portato fin qui, è inevitabile pensare alle mie radici.

Mia madre mi ha insegnato che nella vita non si è mai arrivati veramente e ogni giorno c’è qualcosa da imparare, qualche buona causa per cui lottare, qualche errore a cui rimediare. Mi ha insegnato che dopo le battaglie bisogna vincere anche le guerre.

Mio padre, che per nulla al mondo avrebbe svenduto i suoi valori, mi ha insegnato a lottare per i miei ideali, a non cedere alle lusinghe del potere, a cadere e rialzarmi con lo sguardo fiero e la coscienza sempre limpida. E rido pensando a mia nonna e a quando diceva loro che gli avrei fatto mangiare i gomiti!

E poi la mia Calabria, un legame indissolubile perché non importa dove arrivi se dimentichi da dove sei partito. Quando nasci e cresci in un luogo in cui il ruolo delle donne è esclusivamente quello di madri, mogli, sorelle, hai due alternative. Puoi seguire la via che ti viene indicata oppure iniziare la tua rivoluzione non per trovare ma per costruire il tuo posto nel mondo. Io ho scelto la seconda strada o forse è meglio dire che è stata lei a scegliere me, testarda e ribelle come sono sempre stata. Alla Calabria devo la determinazione, la volontà di riscatto, l’anima da combattente.

E poi c’è Roma, la città che mi ha adottato. Qui sono arrivata con un figlio piccolo, Giovanni, il grande amore della mia vita. Qui, insieme, abbiamo messo in piedi una nuova vita. Con fatica e allegria. Non è stato facile, non è mai facile conciliare le ambizioni di una donna divorziata e le responsabilità di una madre. Per questo alle ragazze dico che se ce l’ho fatto io, da sola, in anni in cui le ambizioni di una madre erano una colpa e gli aiuti erano riservati a pochi, possono farcela anche loro. Inseguire i nostri sogni con sacrificio e dedizione è tra gli insegnamenti più preziosi che possiamo lasciare in dote ai nostri figli.

Non so se noi eravamo più fortunati di quanto non sono oggi i nostri giovani, certamente eravamo capaci di pensare in grande. La mia, di ambizione, era cambiare il mondo. Ingenua certamente ma oggi posso dire che quel desiderio, quella spinta ideale fortissima mi ha portato fin qui. Sulle spalle ho tanti traguardi ma anche inevitabili sconfitte. E forse è la capacità di andare avanti dopo un fallimento che dà la forza di scalare le montagne più impervie. E di montagne ne ho scalate parecchie.

Ogni singolo passo, ogni conquista, niente mi è stato regalato, tutto è stato frutto di piccole e grandi battaglie. Impossibile ripercorrerle tutte. Ma se guardo indietro vedo due grandi protagoniste del mio impegno: la politica e le donne. La politica è la passione giovanile, mai sopita. Fatta di campagne elettorali, di una militanza convinta e dal basso, di centinaia di manifestazioni, congressi e riunioni di partito quando i partiti erano una scuola di vita. Quella politica in cui le idee e gli ideali contavano, non un posto in Parlamento.

Per me quel posto è arrivato senza chiederlo e in quell’unica legislatura da parlamentare le mie due passioni, la politica e i diritti delle donne, per lungo tempo corse su piani paralleli, si sono saldate nella legge sulle quote di genere. Non so se quella norma sia il mio più grande successo ma certamente è il mio più grande lascito al Paese. Chi ha letto “Ad alta quota. Storia di una donna libera” conosce ogni passaggio di quella battaglia condotta quasi da sola contro tutto e tutti, al fianco solo tante donne che ci credevano quanto me. Oggi il Parlamento ha esteso e rafforzato la legge sulle quote, l’Europa, dopo 10 anni di scontri, l’ha introdotta ma nel 2011 le quote erano il nemico e io il cavallo di Troia che le portava in un Paese in cui di diritti femminili non si parlava più. Prima di quella conquista avevo fatto tanto per una, cento, mille donne, iniziando dalle “gelsomininaie” e dalle raccoglitrici di olive della Piana di Gioia Tauro, continuando nel Partito Socialista, con l’Associazione Buongiorno Primavera e la Fondazione Bellisario. Ma con la legge sulle quote, con quella rivoluzione pacifica, ho fatto tanto per milioni di donne italiane, le loro figlie e nipoti.

E poi c’è l’altra figlia, la Fondazione Marisa Bellisario. Una casa, una famiglia, una ragione di vita. E allora voglio concludere con la testimonianza di due persone che forse meglio di me possono raccontarvi il significato del mio impegno.

Scrive Antonio Catricalà, un amico caro, un consigliere prezioso, un fratello che ci ha lasciati troppo presto. “In questi trent’anni di vita della Fondazione Bellisario ho visto piantare il seme della parità uomo-donna in un terreno arido come il suolo italiano, infestato da una cultura patriarcale dura da estirpare. Quel seme oggi è germogliato, ha prodotto cambiamenti rilevanti come la legge sulle quote che senza la determinazione di Lella Golfo, anima della Fondazione, sarebbe rimasta un semplice progetto sepolto negli archivi degli uffici parlamentari. Quel germoglio però ha bisogno ancora di cure attente perché resta molto da fare. Per questo tutti, donne e uomini, dobbiamo augurare alla Fondazione almeno altri 30 anni di vita: senza il suo contributo quel soffitto di cristallo che impedisce al genere femminile di occupare posizioni di massima responsabilità, e nel quale si iniziano a vedere vistose crepe, non potrà mai essere demolito”.

E chiudo con le parole di una persona che mi conosce molto, molto bene.

“Negli anni ho capito che il suo correre continuo, il suo non aver pace, l’ansia di fare avevano una ragione profonda: lei ci credeva e ci crede davvero, non ha mai avuto dubbi, nessuna esitazione. Il suo non è mai stato un “mestiere”: non ci si può dimettere dalla propria vita. Lei crede nelle donne, nei loro diritti, nella parità e non si fermerà mai. Ho seguito il suo cammino nell’ombra ma non ho perso un solo passo. Ho visto lo scetticismo di tanti, soprattutto all’inizio, quando di donne parlavano in pochi e in pochi capivano perché quella piccola calabrese ci mettesse tanto impegno, perché si accalorasse tanto. Era mia madre, avevo fiducia in lei ma certo non potevo immaginare che sarebbe diventata un esempio, un modello da seguire. E oggi sono fiero di essere cresciuto con una donna che mi ha insegnato che “gli altri siamo noi”, che la violenza contro le donne, i soprusi, le discriminazioni di qualsiasi tipo ci riguardano tutti. E che dobbiamo impegnarci, anche sacrificarci, per costruire una società migliore, in cui tutti, proprio tutti, abbiano l’opportunità di dimostrare il proprio talento, qualunque esso sia”.

E io aggiungo che tra le tante battaglie in cui mi riconosco e che continuerò finché avrò un briciolo di energia c’è quella per le donne più sfortunate, per le dimenticate, per le ragazze che con coraggio lottano per la libertà in Paesi in cui la loro dignità viene calpestata giorno dopo giorno. In Iran, in Afghanistan, in Ucraina, in tante altre parti del mondo, troppe.

Una scrittrice e poetessa statunitense afroamericana scrive: “Non sarò libera finché ogni donna non sarà libera, anche se le sue catene sono molto diverse dalle mie”. Questo è il senso del connubio Donne e Potere per cui mi batto da sempre. Il potere delle donne è per natura verso un mondo migliore. Un potere politico per una società inclusiva e meritocratica, in cui le ingiustizie non abbiano cittadinanza. È un potere economico rivolto alla crescita sostenibile. Un potere trasformativo contro la guerra, per la pace e per la vita. Per quel potere dobbiamo impegnarci tutte quante perché ciascuna di noi, di voi nel suo piccolo ha un compito immenso.

Perché il cambiamento parte da noi, ogni giorno. Ed è quando l’impegno quotidiano di ciascuna di noi si unisce che si compiono le piccole e grandi rivoluzioni. Una donna sola può andare lontano ma è solo insieme che possiamo fare la differenza, non solo per noi stesse, non solo per le donne ma per il Paese e per il Pianeta.

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8 commenti su “GRAZIE!”

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