di Benedetta Cosmi*
La comunicazione è più forte, e la penetrazione più ampia, quando una comunità e una regia sono dalla stessa parte. Milano ha questo superpotere (a volte sembra aver perso i suoi eroi) guardandolo da vicino è la chiave del successo del sistema Lombardia, e quindi ambrosiano: coordinare le forze, la direzione, l’obiettivo. In caso contrario v’è un dispendio di energie insostenibile. C’è un’ansia di ubiquità, in questi anni, che ci assale. Il tempo è assolutamente conteso. Ma per astenersi dalla bulimia e restare sobria, la ex Milano da bere (della pubblicità e dei designer, dei prodotti industriali), la Milano delle «week» e degli influencer, deve rispondere a «che modello di cultura adottiamo». Perché il fenomeno emerso col finto furto di Rovazzi – un punto di non ritorno – è lo specchio dei tempi: dinamiche sociali e percezioni della notorietà sono radicalmente cambiate rispetto alle comunità milanesi discrete del passato. «Il vegetale», «Il maranza», certo abbiamo anche avuto «il Commenda», che non fa difetto per vizi. (I primi due sono riferimenti cinematografici e discografici dell’artista). Abbiamo avuto gli Yuppies. Il concetto resta: «chi sono i giovani di successo?».Prendiamo un giovane d’altri tempi. Fondò il Circolo Filologico Milanese (che ad oggi è la più antica associazione della città di Milano), nel 1872. Il giovane Eugenio Torelli Viollier, dopo pochi anni, nel 1876, avrebbe dato vita al Corriere della Sera. Il suo coetaneo Rovazzi – a cui riconosco il desiderio di far parlare le generazioni – non trova di meglio da fare, oggi, che simulare un «crimine». Così, con dei complici, inscena dal proprio canale il rocambolesco furto dello Smartphone (che gli verrebbe sottratto dalle mani, da alcuni giovani ladri, i quali si rimettono in fuga in una città dove l’ordine pubblico non è più sotto controllo, in pieno giorno, indisturbati, a favore di telecamere, come dire che chiunque può prendere quel che vuole, impunito, quasi una nuova moda). Questo non ci dice tanto dell’artista quanto della società e del metro di misura che essa adotta.
La voracità con cui dobbiamo deglutire immagini, esperienze, annulla ogni cosa, ogni giorno, di importanza. L’etimologia dice: portare dentro. Da cui deriva appunto importante. Ma non è sinonimo di visibilità… Si rasenta l’irrilevanza anche all’apice della visibilità.
I giovani cercano rilevanza (la politica, la comunicazione: visibilità).
*Scrittrice, opinionista Corriere della sera
Preciso e denso di contenuti come sempre l’intervento di Benedetta Cosmi. Complimenti.