Fondazione Marisa Bellisario

GLI HOUTHI, IL MAR ROSSO E I CAVI SOTTOMARINI

di Ornella del Guasto*

In questi giorni, l’ennesima nave è stata attaccata e centrata da due missili in un raid Houthi a 70 miglia nautiche dalle coste dello Yemen. Come si temeva, la crisi mediorientale si allarga e il mar Rosso, così strategico per le economie, è ostaggio di questa polveriera con il fronte bellico che ormai coinvolge sia il Mediterraneo sia l’Oceano Indiano.

Da settembre, i droni e i missili degli Houthi non cessano di bersagliare il traffico commerciale marittimo con conseguenze drammatiche per l’economia mondiale. Per sottrarsi agli attacchi all’ingresso del canale di Suez, infatti, le navi mercantili dirette in Occidente sono costrette a optare per il lungo tragitto del periplo dell’Africa facendo così salire alle stelle il costo dei trasporti, delle assicurazioni, dell’attracco nei porti e soprattutto delle merci e dell’energia sui mercati internazionali. Tutto questo, quando la fluidità del commercio marittimo è la principale speranza del calo dell’inflazione che sta massacrando il mondo. I ribelli yemeniti, sostenuti dall’Iran, hanno annunciato la messa al bando dal Mar Rosso, dal Golfo di Aden e dal Mar Arabico di tutte le navi interamente o parzialmente di proprietà o battenti bandiera di Israele. Dopo l’immediata reazione di USA e Gran Bretagna – che con Caccia F18 e Thypoon hanno bombardato i loro siti nello Yemen – il divieto di transito è stato esteso anche alle navi di proprietà statunitense o britannica. A quel punto, anche l’Europa si è mossa e al vertice dei ministri degli Esteri UE, Italia, Francia e Germania hanno dato il via libera alla missione navale Aspides nel mar Rosso, precisando che avrà solo scopo di difendere il traffico marittimo e respingere gli attacchi degli Houthi contro le navi mercantili. Il Comando operativo di Aspides sarà distaccato presso il quartier generale europeo di Larissa, mentre il Comando Strategico, le Missioni e Operazioni militari e diplomatiche Ue resteranno a Bruxelles. L’Italia, che ha svolto un ruolo di impulso per il lancio dell’Operazione, avrà il comando tattico: il contrammiraglio Stefano Costantino sarà il Comandante della Forza e il quartier generale sarà installato a bordo di un cacciatorpediniere italiana. Immediata la replica degli Houthi che hanno minacciato anche l’Italia: «Mettete a rischio le vostre navi militari e commerciali». Minaccia respinta prontamente da Roma al mittente: «Non ci facciamo intimidire». A rendere più inquietante il quadro, Iran, Russia e Cina terranno a marzo manovre navali congiunte «per rafforzare la sicurezza nazionale». A repentaglio è l’intero commercio marittimo mondiale: il rallentamento del commercio causato dal blocco del Mar Rosso che colpisce lo spostamento delle merci da e verso l’Europa, crea un danno notevole anche all’economia della Cina.

Ma chi sono gli Houthi? Un soggetto speciale. Al contrario delle varie milizie armate sparpagliate in tutto il Medio Oriente che prendono ordini dall’Iran – gruppi paramilitari più o meno tollerati dagli Stati che li ospitano, come succede da anni in Libano, Iraq e Siria, ma che non posseggono neppure un chilometro quadrato di territorio dove sono ospitati – gli Houthi hanno creato con la forza uno Stato tutto loro. Da quasi un decennio controllano circa un quarto dello Yemen, ed è lo Yemen cosiddetto utile che include la capitale Sana’a e le montagne del Nord al confine con l’Arabia Saudita, creando una sorta di santuario imprendibile lungo quasi tutta la costa del Mar Rosso. Il resto dello Yemen che si allunga verso Ovest, infatti, è quasi interamente una smisurata zona arida. I militanti si sono dati un nome, “Ansar Allah” (i partigiani di Dio) perché Houthi è il nome della famiglia primigenia del gruppo. Il controllo che esercitano sulla loro porzione di Yemen è ferreo, al punto che la semplice definizione di “ribelli” che spesso li accompagna ormai è inappropriata: sono passati nove anni da quando hanno conquistato il palazzo presidenziale nella capitale. Negli anni si sono lentamente avvicinati all’Islam sciita di marca iraniana, perché nel frattempo Teheran aveva considerato utile trasformarli in un gruppo alleato – uno fra i tanti, dicono gli analisti della costellazione creata dal generale Qassem Suleimani. Con una differenza, precisano molti: gli Houthi hanno certamente un legame con l’Iran, ma quando prendono una decisione autonoma nemmeno Teheran può fare nulla per fermarli.

Dal punto di vista militare, Ansar Allah non è una forza irresistibile, ma gode di due vantaggi enormi. Il primo è che vive nel mezzo di un’area impervia e chiusa da rendere estremamente difficile un’eventuale invasione di terra e il secondo vantaggio è che dispone, grazie all’appoggio dell’Iran, di armi a lungo raggio – una vasta gamma di ordigni, missili balistici, mine magnetiche, barchini esplosivi – e soprattutto della competenza per usarle.

Per anni, sfruttando un territorio quasi imprendibile, le loro armi a distanza hanno colpito e a volte distrutto infrastrutture, aeroporti e raffinerie della vicina e sunnita Arabia Saudita e, nonostante i sauditi abbiano risposto con raid aerei molto duri – costanti la vita a migliaia di civili – gli Houthi sono rimasti dove erano insediati. A partire da metà novembre 2023, dopo aver capito che lo scudo di difesa su Israele funziona e può intercettare i loro tentativi d’attacco, gli Houthi hanno deciso di concentrarsi sul bersaglio debole passando a colpire il traffico navale commerciale nel Mar Rosso. La potenziale minaccia è stata indirettamente confermata anche dal portavoce degli Houthi: «le operazioni nel Mar Rosso e nel Mar Arabico, nello Stretto di Bab al-Mandab e nel Golfo Aden si stanno intensificando e dimostrano di essere efficaci». Stati Uniti e Regno Unito hanno cominciato una campagna aerea droni per dissuadere gli Houti dal continuare ma, per ammissione dello stesso Pentagono, i raid per ora non hanno avuto l’effetto sperato. Con una conseguenza: l’immagine degli Ansar Allah, che in molti anche in Yemen detestano, ne sta uscendo esaltata perché la causa palestinese ha un effetto unificante tra gli yemeniti.

Ma in questi giorni si è aggiunto un nuovo un allarme. Ad anticiparlo è l’associazione delle aziende di telecomunicazioni yemenita fedele al governo in esilio, dopo aver ricevuto un inquietante post pubblicato su Telegram dai miliziani Houthi che si riferisce al possibile ulteriore salto di qualità dei loro attacchi alle economie occidentali, soprattutto europee. Il messaggio comunica che i miliziani yemeniti hanno “introdotto armi sottomarine nelle operazioni di mare”, con riferimento ai cavi delle telecomunicazioni, non più spessi di un normale tubo, che potrebbero diventare l’obiettivo perfetto, facile da conseguire e dalle conseguenze inimmaginabili. Basta interrompere uno, il più importante, per mandare in tilt la trasmissione dati tra India, Cina ed Europa.

Dopo la nuova minaccia, l’Associazione mondiale delle telecomunicazioni ha mostrato le mappe dei cavi internazionali che connettono tutte le regioni del mondo attraverso il mare e che dimostra come lo Yemen si trovi in posizione strategica: le linee Internet che collegano continenti interi, passano proprio là vicino. La notizia ha creato un forte allarme anche perché gli analisti del Gulf security forum hanno precisato che «i cavi sono rimasti al sicuro finora solo grazie al relativo sottosviluppo della tecnologia Houthi e non per mancanza di motivazioni». Sono almeno 16 i cavi sottomarini che si trovano a pochi metri di profondità nel Mar Rosso, attraverso i quali transita il 17% del traffico Internet di tutto il globo. E i ribelli sono passati alle vie di fatto: in questi giorni quattro cavi sottomarini tra Arabia Saudita e Gibuti sono stati danneggiati e stanno già producendo interruzioni  sulle linee Internet tra Europa e Asia. In particolare, i cavi del sistema AAE-1 (Asia-Africa-Europe) lungo più di 25mila chilometri che attraverso l’Egitto collega l’Europa con l’Asia orientale e permette alla Cina di comunicare con l’Occidente, e del sistema EIG (Europe, India Gateway) che collega l’Europa a Egitto, Arabia Saudita, Gibuti, Emirati e India. Secondo Globes, il danno è significativo ma non critico perché altri cavi non sono stati colpiti ma in ogni caso ci vorranno come minimo 2 mesi per ripararli e le società di telecomunicazioni saranno costrette a cercare aziende disponibili e probabilmente a pagare un premio di rischio elevato. Quindi la sola costruttiva risposta del mondo delle Tlc alla minaccia Houthi e in generale alla crisi del Mar Rosso potrebbe essere il rapido allestimento di cavi terrestri che, via Kenya, Tanzania e Congo, raggiungano l’Angola per ricollegarsi sull’altro versante dell’Africa al cavo indiano che arriva fino alla capitale angolana Luanda.

La situazione è gravissima, convengono analisti ed esperti: mentre sabotare un cavo è facilissimo (basta un piccolo sottomarino che vada in profondità e tranci i cavi), al contrario le operazioni di ripristino in una situazione di guerra richiedono tempo. Immaginiamo cosa significherebbe un’interruzione dei servizi di trasmissione dati con la Cina o con l’India, il più grande hub di assistenza ai software.

*Political and socio-economic analyst

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1 commento su “GLI HOUTHI, IL MAR ROSSO E I CAVI SOTTOMARINI”

  1. Articolo ben costruito che spiega in modo chiaro ciò che succede in quell’area e da diverso tempo. Speriamo si possa trovare una soluzione di mediazione quanto prima.

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