Fondazione Marisa Bellisario

ELENA MARINUCCI E LA LEZIONE SOCIALISTA

È di pochi giorni fa un incontro promosso dalla Fondazione Marisa Bellisario al Senato dedicato a Elena Marinucci a un anno dalla sua scomparsa. Con noi tanti amici e amiche animati non solo dall’affetto ma dalla volontà di riflettere su quell’eredità politica e morale che io stessa mi sono impegnata a portare avanti.

Chi ha avuto la fortuna di conoscere Elena sa che donna straordinaria fosse: generosa, coerente, ironica, visionaria, inflessibile contro le stupidità del mondo. Una donna dall’intelligenza lucida e disarmante. Per me, una compagna di vita, di impegno politico, di pensieri e progetti per i diritti delle donne.

Una cosa su tutte ci accomunava e per me rappresentava una delle sue più grandi doti: il forte senso della responsabilità collettiva, oltre che personale. Elena ERA il suo impegno e la sua passione civile e politica. Senatrice per tre legislature, sottosegretario alla Sanità, eurodeputata fino al 1999, era infinitamente di più dei ruoli che ha ricoperto.

Ci conoscemmo al Governo vecchio, durante le battaglie femministe. Poi entrambe trovammo la nostra casa naturale nel PSI. In quel momento storico, la spinta iniziale del Movimento per la Liberazione della Donna per noi si era esaurita, non credevamo nel femminismo antisistema e separatista, per noi le donne dovevano stare con gli uomini e contare dentro i partiti. Intanto nel PSI Craxi aveva compreso la forza del consenso delle donne e voleva dar vita a un nuovo movimento femminista riformista, indipendente, capace di porsi degli obiettivi sfidanti. Chiamò Elena e Margherita Boniver per dargli forma e sostanza. Così nasce la Lega delle donne per il Socialismo e da lì Elena comincia a costruire il suo futuro nel partito e nella politica italiana.

Nell’81 viene eletta alla direzione e diventa responsabile nazionale delle donne socialiste. Là la nostra amicizia si consolida. Nel 1982 grazie al suo sostegno nasce la mia prima creatura, l’associazione Buongiorno Primavera. Inizia un lavoro importante di confronto, prima iniziativa la presentazione del libro di Goliarda Sapienza “L’università di Rebibbia”. Per il primo anniversario, Elena mi scrive una lettera, che conservo ancora e in cui mi chiama «piccola fatina infaticabile e creativa». La sua fiducia mi lusingò e mi diede il coraggio di andare avanti. E da allora divenne il punto di riferimento costante.

Era con me quando, ancora non deputata elaborai la proposta di legge per l’Istituzione di un’Authority per la parità. Ricordo la sua felicità quando entrai in Parlamento e il suo entusiasmo quando presentai la proposta di legge sulle quote di genere. Per due lunghi anni mi consigliò e incoraggiò ad andare avanti. Nel mio discorso per l’approvazione alla Camera la ringraziai. Lei era lì, gli occhi lucidi come se quella legge fosse sua, e un po’ lo era.

Perché quella delle quote nasce come una battaglia socialista, in tanti l’hanno dimenticato. Proprio Elena ottenne una modifica statutaria e il PSI fu il primo, e finora mi sembra ancora l’unico, partito italiano ad applicare il meccanismo delle quote. Il tetto non era alto, il 15%, ma grazie a quell’intuizione, le dirigenti nazionali passarono da 4 a 40, iniziando a popolare anche i direttivi regionali, provinciali, comunali. Le quote sono state lo strumento che ha consentito alle donne del PSI di emergere e, soprattutto, di incidere profondamente.

Il divorzio e l’aborto entrano nel Paese grazie a Loris Fortuna, il socialista radicale, il gigante dei diritti civili. Elena teneva molto a puntualizzarlo e a ricordare l’instancabile lavoro delle donne del partito per spiegarne l’importanza. Così come rivendicava il ruolo socialista in una battaglia che, purtroppo, non abbiamo smesso di combattere: contro la violenza di genere. Era relatrice in Aula di un testo che purtroppo ha dovuto attendere 20 anni di discussione per vedere la luce. E le sue argomentazioni riguardo lo stupro e la violenza domestica potrebbero essere pronunciate oggi tanto sono attuali.

E poi la novità più dirompente, fortemente voluta da Bettino Craxi: la prima Commissione Nazionale di parità insediatasi nel 1984 presso la Presidenza del Consiglio, Elena Presidente – che introduce in Italia, per la prima volta, il concetto, allora rivoluzionario, di azioni positive. La commissione promuove ricerche, eventi, iniziative per studiare, monitorare ma soprattutto incoraggiare e sostenere la presenza femminile in ambiti e settori da cui sono fino a quel momento escluse. Ricordo la prima campagna VOTA DONNA per le regionali dell’85. Drammaticamente attuale visto che la media delle consigliere regionali è ancora poco più del 20%. O il gruppo di lavoro sulle nuove tecnologie guidato da Marisa Bellisario che incoraggia le ragazze a seguire corsi di studi scientifici perché lì sta il futuro delle carriere (e la Fondazione continua a farlo!).

La misura della lungimiranza di quella grande stagione politica al femminile la danno i 15 punti del programma delle donne socialiste approvato dal partito nella sua prima e storica conferenza programmatica di Rimini, nell’aprile dell’82, “Il merito e il bisogno”. Rileggerli dopo tanti anni mi ha restituito la grandezza di quel progetto riformista. Si parla di cittadinanza e adozione, di legislazione fiscale a favore del lavoratore genitore e delle famiglie di fatto, di nidi familiari sul modello europeo, di formazione permanente e pure della presenza nei commissariati di personale adeguatamente formato per l’accoglienza di donne vittime di violenza. E si chiede l’istituzione di un organismo governativo dotato di mezzi e poteri per l’applicazione e le opportune modifiche delle leggi di parità. Parliamo di 40 anni fa!

Di alcune proposte, si discute ancora, altre sono state approvate dopo decenni di sterili dispute. E quell’organismo governativo per il quale Elena e noi socialiste ci eravamo tanto battute, solo negli ultimi anni sembra aver recuperato una qualche centralità. E perdonatemi ma mi intesto parte del merito: è stata la grande discussione attorno alla mia legge sulle quote di genere a riportare il tema femminile nelle agende della politica e dei media!

Ecco, ricordare Elena Marinucci significa recuperare il senso, il valore, la passione e lo spirito del suo impegno per una società più giusta e paritaria.

Scrive nei quaderni delle donne socialiste: «Se non si ha la volontà e la capacità di pensare e disegnare un progetto di società per il quale battersi, fare politica, non importa se nei partiti o nell’associazionismo, è un’impostura: è puro e semplice desiderio di potere».

Elena fu il primo Premio Bellisario, era il 1989.

Il lavoro appassionato e lungimirante svolto da Elena ha posto le premesse per il futuro, spetta a noi il compito di continuarlo.

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