La prima bella notizia è aver ripreso la nostra serie “L’incontro” dopo il lungo stop imposto dalla pandemia. La seconda è che il desiderio di un confronto su temi alti e importanti è più viva che mai. E così ieri la partecipazione alla presentazione del libro di Lucia Annunziata “L’inquilino. Da Monti a Meloni: indagine sulla crisi del sistema politico” al Circolo del ministero degli esteri a Roma ha registrato il tutto esaurito. Grazie alla bravura di una giornalista di rango, un’amica e una Mela d’Oro, come Lucia ma anche al parterre messo insieme per l’occasione: Carlo Calenda, Alessandra Ghisleri, Luca Josi, Paola Balducci e io nel complicato ruolo di facilitatrice di dibattito e confessioni, con la curiosità di approfondire momenti drammatici della storia italiana, di mettere ordine nella confusione.
Lucia ha raccontato la storia degli ultimi dieci anni di vita politica come fosse un romanzo, quasi una soap a dire il vero tanti gli intrecci, i ribaltoni, i complotti e colpi di scena. Avvincente. E mentre racconta si capisce quanto si è divertita a comporre il puzzle. Quaranta ore di interviste a ministri e staff, identificati nel libro da descrizioni che possono anche, e forse intenzionalmente, confondere: Calenda per esempio dice di essere il ministro “col brutto carattere” e Lucia scuote il capo, chissà… Registrazioni depositate presso la Fondazione Feltrinelli e finora, afferma con malcelato orgoglio di giornalista puntuale e metodica, nessuna smentita. Nonostante le “magagne” svelate siano tante e di peso, come la vicenda della non elezione al quirinale di Draghi, che “non era tra i papabili, la prima ora del primo giorno”.
“È un libro di verità sul processo politico” dice tenendo fede all’interpretazione radicale del mestiere del giornalista, mai scevro da idee personali ma imparziale nel racconto dei fatti. E a confermarlo quella che lei definisce “la più grande analista politica d’Italia”, un’altra amica e Mele d’Oro: Alessandra Ghisleri. Che, “per colpa di questo libro”, ammette sorridendo, è andata a ripescare tutti i numeri di governi e Premier: ascoltarli messi in fila a delineare il percorso politico e personale – tra “individualismo e onnipotenza” – fa una certa impressione. Uno su tutti, Draghi, che “arriva al governo con il 60% e non lo perde: sfiduciato senza perdere la fiducia dei cittadini”. Ma a far riflettere ancor di più è la sequenza del sentiment dei cittadini in questi dieci anni: si inizia con la rabbia, segue la paura, poi la rassegnazione e oggi l’attesa. Un sentimento che a suo dire, e c’è da fidarsi, dice alla classe politica che è il momento delle scelte.
E forse è arrivato il momento della lentezza, della costruzione di fiducia, la scelta dichiarata a chiare lettere da Carlo Calenda, anche a costo di impiegare più tempo a costruire un consenso che non sia fluido, che non si basi sulla mera “immedesimazione” come è capitato alla sequela di premier raccontati da Lucia. E allora questo libro a suo avviso serviva perché ci ricorda l’importanza di coltivare la memoria, merce rara non solo in politica in questi tempi fast. Il presente non basta a costruire il futuro. Ricordare, ricostruire è fondamentale e nel caso di quei dieci anni ci dispiega una politica sempre uguale a se stessa: leader che usano tesi estreme per costruire un consenso assai fatuo e poi dimenticano tutto una volta al governo. Mentre la politica– a suo giudizio e nel pensiero di tanti di noi – deve tornare a essere arte di governo e per questo pragmatica e anche impopolare. Politica è “rendere popolari scelte giuste”. Con pazienza, costanza, tempo.
La politica, dice Luca Josi – che io presento come giovane e che risponde definendosi un “fossile vivente della Prima Repubblica” – è gestire cose, costruire soluzioni e futuro”. E una politica così è stata distrutta dagli anni di feroce antipolitica – “che poi è la politica di qualcun altro” – dal 92 in poi, a partire da quella che definisce, con lucida perfezione, una “carneficina efficace ed efficiente”. E in momento in cui i partiti non c’erano più o ne nasceva uno al mese, il protagonismo – esemplificato da un presenzialismo mediatico infestante – prende il posto della Politica. E qui il ragionamento di Luca è limpido e impeccabile: “il consumismo delle aspettative ha abituato gli elettori, spettatori di talent e reality, a un’usura dei protagonisti assai rapida e assolutamente inconciliabile con i lunghi tempi di formazione necessari alla costruzione di una cosiddetta classe politica. Sono due curve che non s’incontrano. Una, quella dei cittadini, si stufa sempre più velocemente dei suoi politici e l’altra, quella che dei politici, avrebbe bisogno di sempre più tempo per prepararsi ad affrontare una società sempre più complessa”. Il risultato sono le “opinioni a tergicristallo”, la fluidità di pensiero che non lascia traccia, che non costruisce futuro.
L’antidoto è forse esemplificato dall’intervento di Paola Balducci – terza Mela d’Oro dell’incontro – e compendiato da una parola: passione. Passione per una politica che faccia futuro e che faccia discutere. Non litigare, non azzuffarsi emulando il vizio italiano di essere calvinisti con gli altri e cattolici con se stessi. Una politica fatta da leader e non da comparse, da abusivi.
“Giorgia Meloni è un Inquilino?”, chiedo a Lucia. “No, lei ha le chiavi di casa” mi risponde con onestà intellettuale. E forse è da qui che bisogna ricominciare. Dalla Politica.