di Martina Semenzato*
Il disegno di legge INTRODUZIONE DEL DELITTO DI FEMMINICIDIO E ALTRI INTERVENTI NORMATIVI PER IL CONTRASTO ALLA VIOLENZA NEI CONFRONTI DELLE DONNE E PER LA TUTELA DELLE VITTIME, potenzia l’impianto normativo contro il fenomeno di drammatica attualità delle condotte e manifestazioni di prevaricazione e violenza commesse nei confronti delle donne, in attuazione degli obblighi assunti dall’Italia con la ratifica della Convenzione di Istanbul e nel solco delle linee operative disegnate dalla nuova direttiva (UE) 1385/2024.
Di estrema importanza è l’introduzione di una nuova fattispecie penale, rubricata “femminicidio”, che sanziona, con la pena massima prevista dall’ordinamento (l’ergastolo), il fatto commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna, condizione sufficientemente tipizzata e determinata nonché idonea a colpire il grave fenomeno dell’uccisione di una donna individuata quale bersaglio in quanto appartenente a quello specifico sesso. Viene colmata la lacuna attualmente esistente nel nostro sistema normativo che non prevede l’ergastolo nel caso di uccisione della ex coniuge o della ex fidanzata.
Sono stati previsti aumenti di pena per i delitti più tipici di codice rosso (maltrattamenti in famiglia, stalking, ecc.), in relazione ai quali la persona offesa deve essere sentita personalmente dal pubblico ministero visto che non potrà più delegare la polizia giudiziaria.
Sono stati introdotti specifici obblighi informativi in favore dei prossimi congiunti della vittima di femminicidio colmando, così, una lacuna delle disposizioni che allo stato prescrivono di dare specifiche informazioni alla sola persona offesa di delitti commessi con violenza alla persona.
In caso di patteggiamento per reati da codice rosso, occorre il parere della persona offesa che, sebbene non vincolante, deve essere considerato dal giudice, al quale è imposto un onere motivazionale aggiuntivo, dovendo spiegare in sentenza le ragioni per le quali ha – eventualmente – ritenuto non fondate le deduzioni della persona offesa concernenti la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione o alla comparazione delle circostanze prospettate dalle parti o la congruità della pena nonché la concessione della sospensione condizionale.
Viene introdotta una presunzione di adeguatezza delle sole misure custodiali nella scelta delle misure cautelari cosicché sarà più facile adottare la misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari, in luogo del divieto di avvicinamento.
Le vittime di reati da codice rosso, verranno avvisate anche dell’uscita dal carcere dell’autore condannato, a seguito di concessione di misure premiali.
Infine, vengono rafforzati gli oneri formativi di tutti i magistrati che, indipendentemente dalle funzioni esercitate e dunque non soltanto penali, in ragione delle materie trattate possano entrare in contatto con le vittime di violenza contro le donne o di violenza domestica; ciò al fine di favorire la migliore acquisizione di adeguate competenze specifiche ed evitare il rischio di vittimizzazione secondaria in ambito giudiziario.
Questo disegno di legge non vuole segnare una differenza tra l’uccisione di un uomo e quella di una donna, e non identifica affatto una classifica fra il valore delle vite umane. Riconosce però una specificità, che è dimostrata anche dai numeri. Anche se il 2024 ha segnato un segno meno nei reati di genere. E questo ci fa capire quanto sia fondamentale il patto di corresponsabilità, di cui spesso parlo, tra famiglia, scuola, società civile e politica.
Dice bene la Ministra Eugenia Roccella: «La verità è che la violenza contro le donne è figlia di un sistema di pensiero, tradotto in un sistema di potere che affonda le sue radici nella storia e nell’antropologia. È una violenza che ha forme proprie, modalità insidiose perché spesso si annida in rapporti privati di cui si fatica a vedere la disfunzionalità».
*Presidente Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere