Fondazione Marisa Bellisario

ETEROLOGA E SURROGATA: PERCHE’ C’E’ DIFFERENZA

di Monica Mosca*

Ci sono temi sociali e soprattutto etici per i quali è impossibile “salire in cattedra”. Riguardano situazioni molto private, delicate e sensibili per le quali nessuno, nemmeno il legislatore, può avere una verità assoluta, né la certezza di essere nel giusto. Semplicemente perché non c’è sempre giusto o sbagliato.

A chi si sente comunque di bollare con giudizi affilati comportamenti o scelte altrui, io dico attenzione: prima tentate con ogni sforzo la strada di imparare ad ascoltare, per capire nel profondo le intenzioni e sì, anche i sentimenti, di chi chiede il riconoscimento di certi diritti fondamentali finora negati.

Nei giorni scorsi migliaia di genitori omosessuali italiani sono scesi in piazza affinché i figli venuti al mondo dalle loro unioni siano riconosciuti al pari dei figli delle coppie eterosessuali e abbiano di conseguenza gli stessi diritti. Certi sindaci, al momento sette, hanno dichiarato che, in assenza di una legge al proposito, continueranno a registrare i bambini delle coppie Lgbtq+  e il governo ha risposto con una proposta di legge di segno opposto sulla maternità surrogata che ha appena iniziato il suo iter.

Va fatta chiarezza, altrimenti il rischio è quello di unirsi da faciloni a un coro o all’altro senza nemmeno sapere per cosa ci stiamo scaldando.

Due sono i temi: il riconoscimento dei figli delle coppie gay (per il quale ci sono state le proteste e i sindaci stanno battagliando) e la liceità della maternità surrogata, cioè il ricorso da parte di una coppia di due uomini a una madre in prestito che porti avanti per loro la gravidanza.

Coincidono solo in piccola parte, perché fra questi bambini in cerca di legittimi diritti una esigua minoranza è nata con la surrogata. La grande maggioranza di loro è venuta al mondo da due madri con la fecondazione eterologa, cioè con una inseminazione artificiale, pratica che dal 2014 è legale nel nostro Paese per le coppie sposate o conviventi eterosessuali.

L’ho detto che è necessario ascoltare. Dunque il tema più corposo – per quanto concerne i numeri delle richieste – è quello delle donne omosessuali che vogliono per i loro bambini il riconoscimento di due madri, una biologica e l’altra intenzionale. Le coppie di uomini omosessuali che sono ricorsi alla surrogata, o gestazione per altri – quella per intenderci che ha suscitato la proposta di legge perchè sia trasformata in un reato universale – sono davvero molte di meno.

Allo stesso modo importanti, intendiamoci bene, ma talmente poche da far venire un dubbio: che la mancanza di chiarezza abbia confuso le risposte.

E così il dibattito politico e lo scontro sociale si sono accesi tutti contro la maternità surrogata, e sulle donne che a pagamento si prestano a diventare madri per una coppia di due uomini. Sono trascorsi quasi vent’anni dalle legge 40 che regola la fecondazione assistita e nel 2014 intervenne già la Cassazione a modificarla. Ora io dico che non si può risolvere tutto in un batter d’ali, nè con violenza d’intenti o di modi: credo che sarebbe molto utile, invece, ascoltare di nuovo la Corte Suprema. Nel gennaio 2021 ha infatti riconosciuto che i bambini nati con maternità eterologa praticata da due donne sono discriminati rispetto agli altri bambini, solo in ragione dell’orientamento sessuale delle loro madri. E ha invitato il governo italiano a provvedere “al più presto” con una legge ad hoc, nel preminente interesse dei figli. Finora non è stato fatto nulla.

La maternità surrogata è un altro tema, che merita riflessioni diverse: una strada potrebbe essere quella di ripensare e di aprire le adozioni, nazionali e internazionali – ora un miraggio per come sono gestite in Italia – anche alle coppie di due padri. Diventare genitori biologici è un desiderio legittimo per tutti, ma non è un diritto. Si può amare con la stessa intensità anche un figlio che non ha il tuo sangue: a fare la differenza sono i legami del cuore.

Un diritto, e anche un dovere morale, invece – nella speranza che questo aggettivo abbia ancora un valore per noi donne, per tutte le donne – è quello di rispettare il proprio corpo e di non prestarlo per denaro a una gravidanza su commissione.

*Giornalista

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