Una terapia americana destinata alle vittime di trauma, cerca di aiutare in Congo le donne stuprate a superare la vergogna , gli incubi e la depressione che impediscono loro di lavorare e di accudire le famiglie. Uno studio in proposito è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine, un raro evento data l’autorevolezza della pubblicazione scientifica, che considera il metodo come utile da adottare in un Paese dove un stupro è considerato un’arma di routine. Dopo 20 anni di guerra civile infatti il Congo è definito la capitale mondiale dello stupro e per questo un team di esperti della John Hopkins University di Baltimora, della Washington University e dell’International Rescue Comittee ha introdotto nel disastrato paese africano il trattamento che si chiama “cognitive processing therapy to Congo”. Il metodo è usato sulle superstiti degli attacchi sessuali, che quasi tutte non sanno né leggere né scrivere, e gli esperti occidentali lo stanno insegnando ad operatori sanitari locali che abbiano ricevuto una buona istruzione: consiste in terapie di gruppo, svolte in 5 lingue, per aiutare le donne ad uscire dalle crisi di panico , ansia, depressione e stress. Herald Tribune rammenta come siano centinaia le vittime violentate sia dai ribelli, sia dall’esercito regolare, sia dalle gang di mercenari che si nascondono nelle foreste di cui il paese è ricchissimo, e non tutte sopravvivono dato che spesso molte di loro sono stuprate con coltelli o oggetti che perforano l’intestino. In particolare, soprattutto nel Congo occidentale più del 40% delle donne è stato stuprato e spesso queste vittime sono così devastate che accusano se stesse: ad esempio di aver lasciato una finestra aperta o di essere uscite da sole o di aver osato guardare l’uomo che poi le ha assalite o per un vestito troppo provocante. In questo periodo 157 donne stanno ricevendo la terapia di gruppo in 7 villaggi mentre in altri 8 villaggi a 248 donne con problemi più gravi, è stato offerto “sostegno individuale “ per dare loro consigli personali, sanitari o legali. I sintomi delle donne sono studiati in 3 tempi: prima del trattamento, quando il trattamento è concluso e 6 mesi dopo. Il risultato al momento è che solo il 9% delle donne che hanno partecipato alle terapie di gruppo (11 sessioni settimanali) ha ancora crisi di panico e depressione ma il 42% di quelle che hanno avuto supporto individuale si dibatte ancora in questi problemi. “La terapia non è un miracolo infatti-“ dicono gli operatori occidentali- ma molte delle donne stanno meglio, sono in grado di rientrare nelle proprie comunità da dove erano state espulse. E questo non è poco”.
Ornella Del Guasto
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