Rio de Janeiro è straordinariamente bella ma nel 1960 ha perso la posizione di capitale politica nei confronti di Brasilia e di capitale degli affari nei confronti di San Paolo mentre – scrive The Economist – guerre tra gang e inadeguate infrastrutture cominciarono a penalizzare la sua industria del turismo. Per questo i Giochi olimpici del 2016 sono per la città la grande occasione per riscattare decenni di declino. Ma sarà capace di intercettare questa chance? La persona più adatta a farlo è Maria Silvia Bastos Marques capo della Compagnia municipale Olimpica che, come ex boss della compagnia statale siderurgica ed ex direttore generale delle 2 maggiori imprese del paese, Petrobas e Vele, ha il background giusto per mettere a segno l’obiettivo. Maria Silvia spiega agli osservatori internazionali i grandi progetti di infrastrutture dei trasporti e di ammodernamento del porto che sono in corso d’opera per la grande occasione e come la politica di pacificazione sociale appena avviata dovrebbero garantire una crescita sui tempi lunghi. La Bastos Marques è l’ultima donna ad emergere sulla scena del potere brasiliano. Il paese ha una donna presidente, Dilma Rousseff (n.2 tra le 10 più potenti del mondo secondo Forbes) e le donne dominano il 26% del suo gabinetto mentre Maria Das Gracias Foster è la sola donna al mondo a capo di una compagnia petrolifera di Stato, la Petrobas. In Brasile le donne controllano il 27% delle maggiori imprese nazionali rispetto alla media globale del 21% (Svezia 23%, Gran Bretagna 20% e USA 17%) e secondo Forbes il 20% dei miliardari brasiliani sono donne , comparato al 10% mondiale, mentre la forza lavoro femminile è del 59%, più di paesi sviluppati come Francia (52%) e Gran Bretagna (57%). Il motivo per cui è prosperata una tale professionalità femminile dipende dalla facilità con cui è possibile trovare aiuti per la casa e per i figli. Infatti il paese dispone di più di 7 milioni di lavoratori domestici, quasi tutti donne. Dietro queste eccellenti performance però , secondo McKinsey, solo il 7% delle donne è riuscito ad accedere nei Cda e meno del 9% siede nel Congresso. E’ indiscutibile però che il progresso femminile nel Paese sia stato dirompente: nel 1960 le brasiliane avevano una media di 6 figli e solo il 17% lavorava fuori casa mentre oggi una enorme quantità di loro converge verso le grandi città alla ricerca di un lavoro e l’80% delle laureate , intervistate dal think thank americano Center for Talent Innovation, aspira a posizioni di vertice, comparato con il 52% delle laureate americane. Questa trasformazione è avvenuta perché solo di recente la società ha facilitato alle donne l’accesso alle università di élite e il tasso di fertilità è sceso a 1,8 figli. Inoltre l’istruzione ha sconvolto la scala sociale: ad esempio la Foster è nata in una Favela. Un’altra risposta viene dalle politiche sociali che hanno usato l’antico metodo dei patronati: il Brasile ha avuto per decadi un movimento femminista progressista e dal 2003 uno specifico Ministero per la Donna. Infine la Rousseff, da quando è diventata presidente, sta facendo molto per la promozione della donna nel mondo del lavoro e nella società. E’ stata lei a volere la Foster come collaboratrice quando era ministra dell’Energia e delle Miniere e più tardi ad imporla al vertice di Petrobas .Oggi in Brasile è in atto un processo di “femminilizzazione” più accentuato che in qualunque altro paese del mondo.
Ornella Del Guasto
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