Fondazione Marisa Bellisario

RIFORMA ELETTORALE: QUOTE DI GENERE A RISCHIO NAUFRAGIO

Dopo giorni di discussioni, lettere-appelli e polemiche, alla ripresa dei lavori in Aula il rischio di un nulla di fatto appare sempre più concreto.
Ieri, alla vigilia del riapprodo in aula dell’Italicum – le esternazioni più autorevoli pro-quote sono quelle della Presidente Boldrini e di Matteo Renzi. Mentre la prima auspica che “queste ore portino consiglio a chi dovrà decidere su come regolarsi sulle quote di genere” e, intervistata da Lucia Annunziata a In mezz’ora, cita il sondaggio commissionato dalla Fondazione Bellisario: “Il 67% degli italiani è favorevole e voterebbe i partiti con ai vertici le donne. Questo fa paura. C’è grossa resistenza di chi ha sempre avuto le leve del potere”. Più tiepido sembra Matteo Renzi, ieri ospite di Fabio Fazio, che si è già detto pronto al sì, pur sostenendo che non basta “solo una discussione sulle poltrone in Parlamento” e che è necessario un accordo tra tutte le forze politiche che hanno sottoscritto la riforma. Ed è proprio su questo fronte che in queste ore decisive si sta arenando tutto, con FI in prima fila contro la parità di genere. Stamane in Aula, iL Presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera e relatore della legge elettorale, Francesco Paolo Sisto, ribadisce la posizione del suo partito, già esplicitata anche da esponenti del vertice azzurro come Giovanni Toti: “Forza Italia, benché’ favorevole culturalmente, ritiene che non sia questa la sede per obbligare l’elezione di donne tout court, ma devono essere i partiti a farlo. Le leggi – sottolinea – non si fanno sulla spinta emotiva o sulle pressioni, seppur piccole, di alcuni”. Per Sisto, poi, introdurre la parità di genere per legge sarebbe anche a rischio incostituzionalità.
Sempre stamattina, arriva la decisione del governo di rimettersi all’Aula sugli emendamenti che mirano ad introdurre per legge la parità di genere, in tutto sono quattro, tre del Pd, di cui uno sottoscritto da deputate anche di Ncd, FI e Sel e uno di Sel. Una decisione che non aiuta il cammino delle quote. Si andrà, con ogni probabilità, al voto segreto ma sono soprattutto i numeri a ipotecare fortemente l’approvazione degli emendamenti. Il documento-appello pro quote rosa è stato infatti sottoscritto da 90 deputate su 197. Pallottoliere alla mano, poi, c’è il voto decisivo dei colleghi uomini: su 630 deputati, 433 sono uomini. Tirando le somme, quindi, se ai voti degli uomini si aggiungono quelli delle donne contrarie agli emendamenti pro parità di genere, almeno sulla carta dovrebbero essere circa 500 i voti contrari, fatti salvi quei deputati maschi che si sono detti, almeno ufficialmente, favorevoli alla battaglia di genere. Ma è in particolare l’emendamento che prevede la pari rappresentanza per i capilista a mobilitare i deputati uomini contro il voto favorevole.
Secondo quanto si apprende da fonti di maggioranza, l’orientamento che starebbe prevalendo tra i sottoscrittori del patto sull’Italicum e il governo, è di concentrarsi solo su un emendamento che mira a introdurre la parità di genere, ovvero l’emendamento a prima firma Agostini (Pd) e sottoscritto da diverse deputate di vari schieramenti, che prevede la parità di genere in una percentuale di 60 a 40, per i capilista. Su questo, il governo si rimette all’Aula e l’orientamento sul quale si sta ragionando nel Pd e in Forza Italia è di lasciare la libertà di coscienza. Sugli altri emendamenti sulla parità di genere, invece, il governo sarebbe orientato a dare parere contrario
MA

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