Fondazione Marisa Bellisario

Quote Arrivano le prime sanzioni. Ma con i rinnovi si va oltre il 17%.

 C’è chi ha puntato sulla differenza di genere e chi ha subito le norme. Il 21% delle società ha ridotto i cda, oltre un terzo li ha aumentati. La prima diffida è stata spedita due settimane fa. La prossima oggi. Altre potranno seguire. A quasi completa conclusione della stagione assembleare 2013, si tirano le prime somme sull’applicazione della legge Golfo-Mosca sulle quote di genere che ha interessato un centinaio di società. I numeri sono nei grafici e indicano, indiscutibilmente, che è stato fatto un balzo in avanti: il peso delle donne nei Cda, che era dell’il% a inizio anno,ha superato il 17% a giovedì 20 giugno. Nelle sole società che hanno nominato il Cda nelle scorse settimane la percentuale supera il 25%. Un terzo dei consigli rinnovati ha una quota superiore al 30%. Tra i sindaci la percentuale è complessivamente più alta perché i collegi sono solitamente composti da tre professionisti ed è sufficiente una nomina femminile per arrivare al 33,3%. Scorrendo gli organismi appena rinnovati si possono trarre già alcune considerazioni. La prima è che non tutti si sono adeguati. Consob ha diffidato (è il primo passo del sistema sanzionatorio,segue la multa e infine la decadenza dell’organo societario) Banca Intermobiliare per non aver inserito nemmeno una professionista nel proprio collegio sindacale. Un provvedimento analogo riguarderà Terni Energia che ha nominato una sola donna su 8 consiglieri restando sotto i 120% previsto dalla legge. Bim già risposto che «è intenzione della società adeguarsi quanto prima».Un problema di interpretazione ha riguardato i sindaci: ai fini della legge bisogna considerare gli effettivi, mentre alcune società hanno nominato le donne nei supplenti (articolo a fianco).La seconda considerazione è che il mercato si è diviso tra chi ha scelto di puntare sulla diversità di genere e chi ha mal digerito la legge. Si deve anche a quest’ultimo elemento il «movimento»che si registra nei consigli: quasi i121%di chi ha proceduto al rinnovo ha ridotto il numero di consiglieri (qui ha influito anche il tema della spending review)mentre un terzo lo ha aumentato, riuscendo così a non sacrificare nessuno.«Si individuano due grandi categorie di società – dice Stefano Modena,vice presidente di Governane consulting -: le imprenditoriali, con quote importanti in mano a famiglie, e le non imprenditoriali, con più azionisti o possedute dalla pubblica amministrazione. Soprattutto nelle seconde è prevalsa la logica di scegliere persone che non hanno niente a che vedere con l’azienda, in alcuni casi con procedure rigorose, in altri ricorrendo magari a chi si conosce già. Nelle prime, invece, c’è una predominanza di figure che vengono dalla famiglia o che rappresentano un azionista, come è accaduto finora anche per gli uomini».Un ulteriore elemento che emerge da questo primo bilancio è che non si sono viste, finora, grandi concentrazioni di cariche sulle stesse persone. Elisabetta Magistretti e Monica Mondardini le due professioniste con i consigli più rilevanti, Mondardini è anche una delle,davvero rarissime, donne ad avere deleghe operative di rilievo (gruppo De Benedetti).E questa è la quarta considerazione:sono quasi totalmente assenti le presidenti e le amministratrici delegate con deleghe. Infine, si assiste a una« trasversalità» tra Cda e collegio: la stessa persona può essere sindaca in una società e consigliera in un’altra. L’assenza delle cosiddette «goldensidri» che si è registrata invece in Norvegia, primo Paese ad avere introdottole quote, viene interpretata in modi diversi. «Una buona notizia, rispetto agli uomini non c’è paragone – dice AnnaPuccio, nel Cda di Luxottica, sostenitrice della necessità di non concentrare troppi consigli Dimostra che le donne ci sono e che qualche visibilità ce l’hanno, altrimenti non le avrebbero trovate». Più dialettica la riflessione di Guido Corbetta, docente di Strategia aziendale in Bocconi: «La poca concentrazione può portare a dire che non ci sono ancora “professioniste dei Cda” riconosciute e che, quindi, ognuno si è mosso cercando un proprio nome. Di conseguenza, potrebbe esserci un problema di competenze. Tra i sindaci emerge, invece, che se una persona è di fiducia,viene introdotta in tutti i collegi delle controllate da quella famiglia».

Fonte: Corriere della Sera – Economia

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