È stata Presentata ieri la relazione finale della Commissione Jo Cox su intolleranza, xenofobia, razzismo e fenomeni di odio e le conclusioni sono a dir poco disarmanti.
La Commissione è stata istituita il 10 maggio 2016 e nasce anche sulla scia dell’azione svolta dal Consiglio d’Europa, la cui Assemblea parlamentare ha sollecitato un ruolo attivo dei parlamenti nazionali in materia di intolleranza. Dedicata alla deputata britannica uccisa il 16 giugno 2016 e fortemente voluta dalla Presidente della Camera Laura Boldrini, che ne ha guidato i lavori, è stata la prima assemblea parlamentare europea ad aver dato seguito a queste indicazioni. Dopo 31 audizioni e 187 documenti acquisiti, ne è nata una relazione che si fonda su un progetto predisposto dal Comitato ristretto presieduto da Chiara Saraceno e composto da Tullio de Mauro, fino alla sua morte nel gennaio 2017, dai deputati Giuseppe Brescia, Alessandro Ferrar, Saverio Gazzelloni e Milena Santerini, a cui il Consiglio d’Europa aveva dato il mandato di relatrice su razzismo e intolleranza, col compito di coordinare il network di parlamentari “Alleanza contro l’odio”.
Ma veniamo ai risultati di 14 mesi di lavoro. Leggendo la relazione, si evince chiaramente quanto sosteniamo da anni, ovvero che la violenza ha una matrice culturale fortissima ed è quella che bisogna estirpare. Una matrice che nasce innanzitutto dalla convinzione della “debolezza e inferiorità” femminile, che giustifica ogni atto di aggressività. Si legge infatti nella relazione che «ampie fasce di popolazione riconoscono alle donne competenze diverse da quelle degli uomini, giustificando o favorendo differenze di trattamento nei loro confronti che possono diventare vere discriminazioni». Ancora: un cittadino italiano su cinque «continua a pensare che gli uomini siano dirigenti e leader politici migliori delle donne». Eppure, quando si chiede agli italiani se le donne siano oggetto di discriminazione, solo il 43,7% ha l’onestà di riconoscerlo. Approfondito poi è il capitolo sulle forme, soprattutto nell’era del web, che assume questa scarsissima considerazione delle donne. «Le manifestazioni di odio nei confronti delle donne si esprimono nella forma del disprezzo, della degradazione e spersonalizzazione, per lo più con connotati sessuali». Di più: «Le donne impegnate in politica diventano spesso bersaglio di insulti sessisti, anche da colleghi del proprio partito».
Insomma, niente di nuovo sotto il sole ma la consapevolezza che lo spazio conquistato dalle donne è proporzionale al fastidio nei loro confronti. Quasi che fosse usurpato e non meritato. Quasi che, uscite di soppiatto dalla cucina di casa, le donne stiano conquistando posti che non spettano loro di diritto…Sembra folle ma esistono, e sono tante, porzioni della popolazione che così la pensano. E allora, un ruolo fondamentale spetta alla scuola e alle famiglie ma anche alle istituzioni e ai media. Le punizioni esemplari magari non sono la soluzione ma un deterrente che serve. E un sistema mediatico che condanni e stia attento all’uso dei termini, può fare la sua parte. Certo è che serve un’alleanza, e serve subito e senza retorica. Perché indignarsi all’ennesimo femminicidio non basta più. L’uccisione barbara e violenta è solo l’ultimo step e bisogna non arrivarci e non piangerlo.