di Anna Roscio*
In questi mesi le notizie economiche e geopolitiche sono segnate dall’incertezza, su cui pesa in particolare le scelte drastiche della politica americana.
Rispetto alle dinamiche interne, quali la stretta sui migranti che inciderà sulla manodopera in USA, l’aumento del deficit per l’estensione degli sgravi fiscali e l’allentamento sulle normative ambientali, l’economia globale è segnata dall’instabilità generata dalla scelta di Trump di aumentare i dazi sui beni importati da Paesi esteri, in primis la Cina.
Esistono tuttavia segnali positivi sul fronte economico europeo: il poderoso piano di investimenti della Germania, primo Paese di sbocco per le esportazioni italiane; una stima di crescita del PIL, pur con differente intensità a seconda delle geografie; una crescita più sostenuta su nuovi corridoi internazionali come gli Emirati, il Far East, l’Europa orientale, una rinnovata coesione europea.
Certamente tali dinamiche si confrontano con le scelte del cosiddetto ‘Liberation Day’: se ante 2 aprile era prevista una crescita moderata sul mercato americano trainata dai consumi, oggi le guerre commerciali rischiano di penalizzare la crescita economica globale, generando incertezza e pressione sui bilanci pubblici anche in Europa. L’impatto peraltro ha effetti anche sull’inflazione, in previsione di aumento soprattutto negli Stati Uniti per effetto dei dazi. E i mercati finanziari a livello globale sono fortemente volatili, con un incremento di sfiducia nel dollaro.
Quali le conseguenze sull’Italia e sull’Europa? Ci si può aspettare sicuramente la reazione del mondo imprenditoriale, che si sta già attrezzando con strategie alternative per poter salvaguardare la propria produzione e i propri mercati di sbocco. Ci si può attendere una maggiore reazione in termini di politica monetaria e una accelerazione dei piani europei di sostegno all’economia, che si aggiunge al piano infrastrutturale tedesco. Certamente tutto questo può rappresentare un potenziale freno agli investimenti, soprattutto in quei paesi in cui è maggiore l’esposizione in termini di export verso gli Usa, come Italia, Germania, Francia e Spagna.
Rimane tuttavia difficile fare previsioni proprio perché la parola chiave resta ‘incertezza’, sia sulle reali politiche americane, sia sull’applicazione effettiva dei dazi che sulla misura degli stessi.
A livello italiano, è evidente che le imprese devono continuare a seguire la direttrice della crescita, adattando e innovando le proprie strategie ai repentini cambiamenti esogeni, individuando quei fattori di protezione oggi ancora più determinanti.
Restano infatti prioritari gli investimenti. Ci sono trend di trasformazione e riconversione industriale, che sono peraltro accompagnati dal sostegno pubblico: pensiamo al credito d’imposta per gli investimenti al Sud con le ZES, agli investimenti nelle energie rinnovabili, ai filoni dettati dalle nuove tecnologie. Sono tutte opportunità/priorità che le imprese oggi devono continuare a perseguire, anche in un contesto di volatilità, per mantenere alta la propria competitività raggiunta in questi anni.
Stiamo inoltre assistendo a un adattamento delle imprese che si stanno orientando verso nuovi mercati. L’export è, e rimane, uno dei punti di forza delle realtà italiane, anche in questo contesto. Per questa ragione le imprese stanno sempre più guardando a nuove geografie e nuovi corridoi internazionali di crescita.
L’adattabilità e la flessibilità del nostro sistema produttivo è un grande valore che ci ha permesso nel tempo di dimostrare resilienza agli shock esogeni e che anche in questo contesto potrà rappresentare la più importante leva di reazione.
*Executive Director Sales & Marketing Imprese Intesa Sanpaolo