Fondazione Marisa Bellisario

LEGGE ELETTORALE: NELLE LISTE IL 50% DI DONNE

Un sistema proporzionale, con premio di maggioranza e doppio turno eventuale. E nei collegi piccoli, listini bloccati di massimo sei candidati. Stop alle candidature multiple e norme per la parità di genere. È il testo base della legge elettorale che approda in commissione Affari costituzionali alla Camera con il via libera di Pd, FI e Ncd. Sulla scheda, su cui resta (perché prevista da norme precedenti non modificate da questa legge) il nome del candidato premier della coalizione, compariranno i nomi di tutti i candidati nelle liste, che saranno bloccate ma con criteri di riequilibrio di genere: ci dovranno essere 50% di uomini, 50% di donne e nell’ordine di lista (in base al quale si decide l’elezione) non potranno esserci di seguito più di due candidati uomini o donne.
Finalmente quindi si decide di affrontare seriamente e una volta per tutte il problema della presenza di donne in Parlamento. Solo in quest’ultima tornata elettorale e grazie alla buona volontà di alcuni partiti, la presenza di donne aveva fatto un notevole balzo in avanti, passando dal 20,2% della passata tornata elettorale al 30,8%. Ma restare in balia degli umori dei segretari di partito e delle loro scelte di posizionamento delle donne in lista non era accettabile. Se passasse, invece, la previsione del 50% di donne in lista finalmente si avrebbe un Parlamento con un’equa rappresentanza femminile.
A siglare un primo passo in questa direzione, era stata la legge n. 215/2012 che ha introdotto la doppia preferenza per le elezioni comunali, un sistema che la Campania aveva già adottato nel 2010, con ottimi risultati. In pratica, i cittadini dei comuni superiori ai 5000 abitanti possono oggi esprimere due preferenze per i consiglieri comunali purché riguardanti candidati di sesso diverso. Se per errore la doppia preferenza – comunque non obbligatoria – dovesse andare a persone dello stesso sesso, la seconda preferenza viene annullata. La legge inoltre prevede la cosiddetta “quota di lista”, che fa sì che nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in lista per oltre due terzi del totale dei candidati ma solo nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, il mancato rispetto della quota può determinare la decadenza della lista”. Ed è proprio questo il meccanismo che ricalca – migliorandolo perché prevede che le donne rappresentino la metà e non un terzo – il testo della nuova legge elettorale.
Guardando ai risultati prodotti nei 16 Comuni capoluogo in cui si sono tenute elezioni amministrative con il nuovo sistema elettorale, le percentuali in termini di donne elette non lasciano dubbi in merito al successo dello strumento. In termini assoluti, infatti, le donne elette sono raddoppiate, in termini percentuali la presenza femminile è due volte e mezzo quella della precedente tornata nel complesso, e nel caso dei capoluoghi meridionali addirittura quadrupla rispetto al recente passato.
Il testo base della riforma, atteso per due giorni in Commissione Affari costituzionali, ha faticato non poco ad arrivare al traguardo. Passa in Commissione con il sì di Pd-Fi e Ncd. Ma i piccoli sono pronti a dare battaglia in Aula alla Camera a suon di emendamenti. Ma si auspica che, al di là dei soliti, piccoli maneggiamenti, il testo sulla presenza di donne non rappresenti materia di “piccolo cabotaggio”.
MA

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