Di Ornella del Guasto
Può una nazione misogina avere una donna presidente? Si domanda International New York Times. Il Brasile prova che la riposta è sì. Infatti, nonostante siano passati 3 anni dall’elezione alla presidenza di Dilma Rousseff, la condizione delle brasiliane è cambiata molto poco. Nel Paese, il femminismo è ancora visto come un ridicolo estremismo e la violenza sessuale trivializzata e spesso scusata. Solo pochi anni fa un famoso intrattenitore prese in giro in Tv un corteo di protesta contro gli stupri: “di che vi lamentate: i colpevoli non dovrebbero essere imprigionati ma ringraziati”. Dopo il vespaio di proteste disse che si era trattato solo di una battuta ma a tutt’oggi la maggior parte dei brasiliani sostiene che ormai uomini e donne sono trattati alla pari e quindi “ è tempo di smetterla con tutte queste lagne”. Secondo una recente fonte dell’Istituto per la Ricerca Economica applicata il 26% dei brasiliani ritiene che le donne vestite in modo provocante si meritano di essere infastidite e il 59% è convinto che il numero degli stupri denunciati sia esagerato. Le critiche e le colpe sono comunque soprattutto addossate alle donne e quasi mai agli uomini che anche qui guadagnano dal 35 al 50% in più senza alcuna motivazione di maggiore talento o professionalità. Eppure ogni anno il Brasile celebra il più sensuale carnevale del mondo con donne seminude, è ossessionato dal gossip su bellezze nazionali come Gisele Bundchen, è secondo solo agli USA nell’utilizzo della chirurgia plastica con 1,5 milioni di operazioni estetiche all’anno e registra un’esplosione di blogger che discutono di bellezza e di diete. Per questo sono profondamente ipocrite le proteste contro alcune pubblicità come quelle di Adidas, che per vendere Tshirt in occasione dei Mondiali, allude a riferimenti sessuali utilizzando immagini di donne ammiccanti. Così come è anche noto che Rio e Salvador sono tra le mete internazionali del turismo sessuale e che il traffico di donne e la prostituzione infantile sono tra i problemi più urgenti del Paese. Una società difficile quindi, in cui ogni giorno le brasiliane combattono contro gli abusi sessuali e la violenza domestica tanto che, in base alle statistiche, ogni 15 secondi una di loro viene violentata tanto che una fonte del governo ha ammesso che nel 2011 il 43% delle brasiliane aveva subito una qualche forma di abuso sessuale e domestico ma che anche le più acculturate avevano rinunciato a denunciarli nella convinzione di non essere credute. Per arginare questa piaga 7 anni fa il Governo varò una legge che inaspriva la pena sulla violenza domestica, che sortì un certo effetto positivo, e che si chiamò “Maria Da Penha” da nome di una donna il cui marito aveva reso paraplegica. Ma resta ancora moltissimo da fare.
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