Fondazione Marisa Bellisario

LA CORTE EUROPEA CONDANNA L’ITALIA: DARE AI FIGLI IL SOLO CONGNOME MATERNO È UN DIRITTO

Se un papà e una mamma vogliono dare ai propri figli il solo cognome materno, hanno il diritto di farlo e nessun funzionario dell’anagrafe o magistrato può loro impedirlo.
Lo ha decretato ieri la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, condannando l’Italia per aver violato i diritti di una coppia di coniugi milanesi che avevano concordato di attribuire alla figlia Maddalena il cognome della madre invece che del padre, scontrandosi contro il diniego dello Stato italiano. Allora, e formalmente ancora oggi, in Italia si può portare il doppio cognome, ma non soltanto quello materno. A detta di Strasburgo, invece, non consentire ai genitori di figli ‘legittimi’ di scegliere il cognome della madre, è una discriminazione e una violazione del diritto al rispetto della vita familiare. “Se la regola che stabilisce che ai figli legittimi sia attribuito il cognome del padre – si legge nella sentenza – può rivelarsi necessaria nella pratica, l’inesistenza di una deroga a questa regola, nel momento dell’ iscrizione all’anagrafe di un nuovo nato, è eccessivamente rigida e discriminatoria verso le donne”. “La Corte di Strasburgo ha ragione. Adeguare in Italia le norme sul cognome dei nuovi nati è un obbligo” ha twittato il premier Letta.
Eppure il Parlamento era stato avvertito dalla Corte Costituzionale già nel 2006. La Corte, chiamata a pronunciarsi dalla Cassazione sulla costituzionalità delle norme che impongono ai figli il cognome del padre, aveva affermato: «L’attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna».
Se il Governo non chiederà e otterrà una revisione del caso davanti alla Grande Camera, tra 3 mesi la sentenza diverrà definitiva. In realtà, già diversi esponenti politici si dicono pronti a riformare la legislazione italiana cosi come chiesto dalla Corte di Strasburgo. Dunque la rivoluzione è pronta, con buona pace del patriarcato perché è vero che una simile riforma introdurrà un cambiamento non solo formale ma di grande portata simbolica e culturale. Si sancisce un nuovo modello d’intercambiabilità dei sessi: il “potere” di dare il proprio nome potrebbe tra 3 mesi essere finalmente condiviso e non rigido appannaggio maschile. Un’evoluzione naturale che afferma e riconosce la centralità anche sociale ed economica delle madri e “impone” alle leggi italiane di adeguarsi.
MA

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