di Mariastella Gelmini*
L’Aula del Senato ha approvato, di recente, il disegno di legge per introdurre “lo sviluppo di competenze non cognitive e trasversali” nei percorsi scolastici e di formazione professionale. La proposta, che era già stata approvata alla Camera il 3 agosto 2023, è finalmente legge.
Di strada questo provvedimento ne ha fatta tanta. È nato nella precedente legislatura in seno all’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, presieduto da Maurizio Lupi e di cui faccio parte da tempo.
L’Intergruppo ha sempre dedicato una notevole attenzione ai temi dell’istruzione e della formazione, essendo questa una chiave fondamentale per la crescita e la produttività del Paese. E così, tappa dopo tappa, l’Intergruppo si è fatto promotore di una legge approvata in maniera trasversale dal Parlamento. Un risultato importante per sviluppare talenti e unire formazione e lavoro.
Le competenze non cognitive sono quell’insieme di abilità, atteggiamenti e conoscenze che vanno oltre le tradizionali materie scolastiche e che ci permettono di relazionarci con gli altri, di gestire le nostre emozioni, di risolvere problemi, di adattarci ai cambiamenti.
Insomma, in una società in continuo mutamento, mettere la persona al centro è fondamentale. Puntare ad acquisire contenuti, ma anche a sviluppare “soft skills” significa preparare i ragazzi alle sfide che la vita, a partire dal mondo del lavoro, metterà loro davanti.
Assolutizzare le conoscenze senza sviluppare le competenze, senza dare il giusto spazio alle character skills, sarebbe di fatti un grave errore: vorrebbe dire rassegnarsi alla mancata valorizzazione del talento, a una diminuzione tout court delle prestazioni degli studenti, ma anche alla dispersione scolastica e alla povertà educativa. Facciamo i conti, purtroppo, con pesanti divari territoriali e di competenze. Lavorare invece sulle capacità relazionali di ciascuno e sulla presa di coscienza delle proprie aspirazioni e abilità è la strada da percorrere. Il percorso delle competenze non cognitive sviluppa, tra l’altro, l’innata propensione e vocazione alla comunità, che è scritta nella natura dell’uomo e si configura come ulteriore strumento di supporto alla sfida educativa che le famiglie sono chiamate a compiere.
Non a caso, la legge prevede il coinvolgimento diretto dei genitori nel percorso di apprendimento, in quanto solo un’alleanza tra scuola e famiglie permetterà una risoluzione positiva delle problematiche legate al disagio giovanile. Ci vuole buona volontà e motivazione da parte degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, ma l’impegno da parte degli studenti e dei loro genitori deve essere altrettanto forte e sincero.
Questa legge, oltretutto, vede l’Italia in piena sintonia con l’Unione Europea. Ricordo le Raccomandazioni del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo sulle competenze-chiave per il lifelong learning. Era il 2006. Nel 2018 il Consiglio Europeo ha aggiornato e ribadito le raccomandazioni. E tra il 2020 e il 2022 l’Unione Europea ha divulgato il proprio modello di sviluppo delle competenze non cognitive in due documenti di policy: Life Comp e Life Comp into Action.
Dunque, questa legge è tutta proiettata in avanti, guarda al futuro ricco di opportunità che dobbiamo ai nostri giovani. Perché sono loro il nostro futuro e meritano un panorama educativo che permetta a ciascuno di loro di fare qualcosa di grande con la propria vita, grazie al loro talento. La sfida non finisce qui, certo, ma era importante porre delle fondamenta solide.
*Capodelegazione di Noi Moderati al Senato
Great write-up, I am regular visitor of one’s web site, maintain up the excellent operate, and It’s going to be a regular visitor for a long time.