Nelle ultime settimane il Brasile è stato sconvolto da colossali manifestazioni di protesta. Perplessi, gli osservatori internazionali si domandano come mai dopo anni di indiscussa crescita economica il Paese sia entrato in crisi. La rivolta,come è noto, è cominciata dopo che il governo di Sao Paulo ha annunciato un aumento di pochi centesimi del prezzo del biglietto degli autobus, pretesto che ha permesso a un milione di persone di scendere in piazza in tutte le città per protestare contro la corruzione, il costo della vita, la mancanza di riforme e lo sperpero di denaro per i Mondiali di calcio del 2014. La situazione brasiliana non è però da generalizzare con quelle in Europa e in Turchia che si sono ribellate per difendere il tenore di vita , scrive Economist, perché dopo gli anni di Lula e di Dilma Rousseff che hanno fatto uscire dalla povertà 20 milioni di cittadini, in Brasile la disoccupazione non stata mai così bassa e lo standard di vita mai così alto. Ma allora da che dipende la protesta? Cerca di spiegarlo The Observer: la gente, grazie al boom dell’innovazione tecnologica oggi è più consapevole degli abusi dei politici in campo economico e politico e la forza trainante della sua protesta è la ridefinizione del significato di “libertà”e del rapporto con il potere che appare sempre più distante dall’opinione pubblica. Il malcontento sociale accusa la Rousseff di essersi dimostrata troppo tollerante nei confronti dell’inflazione, giunta al 6,5%, e di ritardare le urgenti riforme strutturali. Infatti il malessere nei confronti dei trasporti pubblici ha ben altri e più profondi motivi : gli anni del benessere hanno consentito e moltiplicato l’acquisto a rate delle macchine ma la carenza delle infrastrutture viarie ha reso infernale per i cittadini impiegare 3 ore al giorno per andare da casa in ufficio. Il Governo invece che attuare la riforma dei trasporti si è dato altre priorità continuando a incentivare la domanda di automobili, a sovvenzionare la benzina, a finanziare i settori del petrolio e dell’energia elettrica che potrebbero essere lasciati agli investimenti privati. Poi il grande circo delle Olimpiadi , ricetta populista del “panem et circenses” che nell’antichità era gratis mentre oggi espelle milioni di brasiliani dal circo che si sta allestendo. Perché sono i colossali investimenti per la Coppa del mondo, che tra l’altro ha portato a sfratti forzati spesso violenti, a rendere ancora più visibile la pessima qualità dei servizi pubblici e a suscitare l’indignazione. E questo nonostante, commenta Der Spiegel, la società brasiliana sia da sempre una società permissiva ed in cui i ricchi raramente sono stati costretti ad assumere le responsabilità delle loro malefatte perché, come dice un cinico proverbio “tutto finisce in samba” . Ma oggi i brasiliani si sono stufati di questa cultura dell’impunità, della corruzione dilagante , del nepotismo, delle enormi ricchezze in mano a pochi. Il Governo, colto di sorpresa, prima ha cercato di reprimere le proteste , poi è corso ai ripari cercando di compiacere chi protestava. Dilma Rousseff ha lodato i manifestanti e alcuni stati hanno deciso di non aumentare i prezzi dei trasporti. In Brasile l’economia sta rallentando: nel 2012 la crescita è stata solo dello 0,9% e molti brasiliani sollecitati a comprare auto e case a rate si trovano indebitati. La posizione di Dilma Rousseff è certamente ancora solida e la protesta non può scalfirla ma la popolazione, fatto assolutamente nuovo, adesso è pronta a contestarla.
Ornella Del Guasto
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