Se fino ad ora la crisi aveva sì aggravato la precarietà e ampliato divario retributivo ma aveva “garantito” la tenuta del livello dell’occupazione femminile, oggi anche questa ultimo baluardo al ribasso viene meno. Secondo gli ultimi dati Istat, infatti, l’occupazione a febbraio torna a diminuire ma la frenata è dovuta esclusivamente alla perdita di forza lavoro femminile: mentre gli occupati di sesso maschile sono «sostanzialmente stabili», le donne al lavoro diminuiscono in un mese di 42 mila unità (44 mila il dato complessivo). Anche il tasso di disoccupazione cresce al 14,1% per le donne (+0,3 punti su mese e +0,9 punti su anno) mentre per gli uomini è all’11,7% (invariato sul mese e in calo di 0,3 punti nell’anno). Si arresta dunque la serie positiva di dicembre e gennaio.
Peggiora anche la situazione sul fronte dei giovani. ù giovani disoccupati. Tra dicembre e febbraio il tasso di disoccupazione è diminuito di 0,4 punti percentuali rispetto ai tre mesi precedenti, in larga misura per la risalita del tasso di inattività (+0,3 punti). Nella fascia 15-24 anni, ovvero l’incidenza dei giovani disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di lavoro, sale al 42,6% rispetto al 41,2% di gennaio. Su base congiunturale gli occupati diminuiscono dello 0,2% (-44.000), i disoccupati aumentano dello 0,7% (+23.000). Il numero di inattivi cresce dello 0,1% (+9.000) nel confronto con gennaio. Il tasso è stabile al 36%.
In Europa il tasso complessivo di occupazione femminile è del 63% circa contro il 75% degli uomini tra i 20 e il 64 anni. Le donne svolgono più spesso lavoro part time (34,9% contro 8,6%) pagandone le conseguenze in termini di carriera, opportunità di formazione, diritti pensionistici e sussidi di disoccupazione. La situazione italiana è drammatica: nonostante il trattato di Lisbona avesse fissato l’obiettivo di un tasso del 60% di occupazione entro il 2010, il tasso italiano è del 46. Ma questo dato non dice ancora tutto della questione italiana.
Mentre il Nord si avvicina all’Europa, il Sud ha un tasso di occupazione di poco superiore al 30%. In 50 anni il tasso di occupazione delle donne italiane non è neanche raddoppiato (era il 28% nel 1960). E una donna su quattro lascia il lavoro dopo l’arrivo del primo figlio. Gli economisti vanno ripetendo da tempo quale perdita in termini di crescita economica, intesa come punti di Pil, comporta l’esclusione delle donne dal mercato del lavoro.
Tra le ultime stime ci sono quelle del Fondo monetario internazionale e di Goldman Sachs, che indicano tra il 15 e il 20 per cento il mancato aumento del Prodotto interno in assenza di un equo apporto femminile al lavoro.
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